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  • 05/07/2020   Luglio

    XIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

    XIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (Anno A) 

    Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro

    Dal Vangelo secondo Matteo 11, 25-30

    In quel tempo Gesù disse:  25 «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto
    queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli.  26 Sì, o Padre, perché così hai deciso nella
    tua benevolenza.  27 Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e
    nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo.
    28 Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro.  29 Prendete il mio giogo sopra
    di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita.  30 Il mio
    giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».

    Dal commento di P.Curtaz

    Giovanni Battista è stato arrestato, il consenso popolare si sta affievolendo, coloro che Gesù si
    aspettava accogliessero con entusiasmo l’annuncio, invece, sono ostili e diffidenti nei suoi confronti.
    Le cose vanno decisamente male, la missione sta prendendo una brutta piega.
    Il fallimento si delinea all’orizzonte.
    Come accade anche ai discepoli, di tanto in tanto.
    Gesù, diversamente da noi, davanti alla più evidente delle realtà, non si lamenta.
    Loda.
    Loda il Padre perché il rifiuto da parte dei devoti, dei teologi, dei pretoriani della fede, ha fatto in
    modo che ad avvicinarsi siano gli ultimi, i semplici, gli arresi alla vita.
    Ribaltamento
    È un ribaltamento di logica, quello che compie Dio: la sua alleanza, la sua amicizia, la sua
    disponibilità sono offerte a tutti. Ma poiché pochi lo accolgono, molti pongono obiezioni, si dilettano
    a complicare le cose, sono gli inattesi ad avvicinarsi.
    Gli ultimi, gli esclusi, i perdenti.
    E Gesù gioisce e applaude.
    Vorrei tanto imparare dal mio Signore la capacità di vedere nella sconfitta un’opportunità!
    E credere, credere, credere, come solo Lui sa fare, che Dio, attraverso le nostre vicende contorte e
    contraddittorie, riesce sempre a tracciare sentieri di salvezza. Non per merito, non per conquista, ma
    per libera, stupefacente, inattesa scelta di Dio.
    Dio ama e ama davvero.
    Ama tutti, chiama tutti. Noi, nella libertà, possiamo scegliere di complicarci la vita, di arrampicarci in
    contorti ragionamenti che attingono ai pregiudizi e alla diffidenza. O arrenderci all’evidenza.
    Perché Dio è così: stupisce.
    Non è mai come ce lo aspettiamo.
    Ci ama a prescindere, così come siamo, con i nostri limiti, le nostre paure, le nostre incongruenze.
    Ci ama a prescindere, perciò possiamo cambiare.
    Andiamo
    Gesù insiste: andiamo a Lui, raccogliamoci intorno a lui, impariamo da Lui.
    Impariamo a fidarci del Padre, a credere, a leggere la storia e la vita, la nostra storia e la nostra vita,
    con uno sguardo alto e altro: lo sguardo di Dio.
    Andiamo a Lui se stanchi e oppressi, se insoddisfatti e delusi.

    Non per creare la cricca dei perdenti, non per consolarci, incapaci di affrontare il mondo, non per
    confermare il pregiudizio di chi immagina la Chiesa come l’assembramento degli sventurati.
    Andiamo da Lui perché stanchezza interiore e ansia ci distolgono dall’essenziale.
    Prendiamolo sul serio, questo Gesù. Impariamone logica, atteggiamenti, mentalità.
    Impariamo ad amare. Ad amarci, ad amarlo, a lasciarci amare.
    Non lasciamo che la logica della carne, come scrive san Paolo, cioè la logica mondana, edonista,
    narcisista, cinica che sta portando al suicidio il nostro mondo occidentale, prevalga.
    Diamo spazio allo Spirito, allo spirituale, all’anima, al dentro.
    Alla preghiera, alla meditazione, al silenzio.
    E il tempo estivo, sia per chi ha la fortuna di staccare la spina e andare in vacanza, sia per chi è
    costretto a restare barricato in casa, penso alle persone anziane, è l’occasione per stare col Signore.
    Per ritagliarsi quel quarto d’ora di preghiera quotidiana che fatichiamo ad avere durante il tempo
    lavorativo.
    Periferie
    Il profeta Zaccaria incoraggia la figlia di Sion, il quartiere “figlio” della capitale Gerusalemme sorto
    a Nord della città santa e abitato dai fuggiaschi del Nord, nel 721, scampati alla furia dell’invasione
    assira.
    Un quartiere povero, una baraccopoli che, come sogna Zaccaria, accoglie l’arrivo di Dio in umili
    vesti.
    Perché Dio parte dagli ultimi. E non colma il cuore in proporzione ai meriti, ma in proporzione alle
    necessità.
    Come dice la Bibbia, con forza, i poveri e i diseredati sono beati non per la loro condizione, ma
    perché Dio parte da loro per incontrare l’umanità.

    Preghiera 

    «Gesù, mostraci il Padre! Rivelaci il Padre!
    Fa’ che contemplando te, guardando te, noi possiamo comprendere chi è il vero Dio,
    il desiderio unico ed ultimo della nostra vita.
    O Dio, che riempi la nostra esistenza,
    fa’ che ci saziamo della conoscenza di te, della conoscenza di Gesù.
    E tu, o Maria, donaci parte della tua conoscenza di Gesù che hai abbracciato e tenuto in grembo;
    concedici di sentire quello che tu hai sentito non solo del mistero della carne di questo Bambino,
    ma della conoscenza del Padre a cui aspirano tutti gli uomini, a cui anela tutta l’umanità,
    che è la nostalgia dell’uomo perduto e smarrito, che è il filo rosso per ritornare alla verità e alla pace.
    Donaci, Gesù, di metterci davvero alla tua scuola, di imparare a conoscere Dio
    e di imparare a conoscere chi siamo noi, come dobbiamo vivere e come dobbiamo amarci,
    come dobbiamo impostare la nostra esistenza e come dobbiamo fare le nostre scelte»
    (C.M. Martini).

  • 21/06/2020   Giugno

    XII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

    XII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (Anno A) 

    Non abbiate dunque paura: voi valete più di molti passeri!

    Dal Vangelo secondo Matteo 10, 26-33

    In quel tempo, Gesù disse ai suoi apostoli: « 26 Non abbiate paura degli uomini, poiché nulla vi è di
    nascosto che non sarà svelato né di segreto che non sarà conosciuto.  27 Quello che io vi  dico nelle
    tenebre voi ditelo nella luce, e quello che ascoltate all’orecchio voi annunciatelo dalle terrazze.  28 E
    non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l’anima; abbiate
    paura piuttosto di colui che ha il potere di far perire nella Geènna e l’anima e il corpo.  29 Due passeri
    non si vendono forse per un soldo? Eppure nemmeno uno di essi cadrà a terra senza il volere del
    Padre vostro.  30 Perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati.  31 Non abbiate dunque paura: voi
    valete più di molti passeri!
    32 Perciò chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch’io lo riconoscerò davanti al Padre mio
    che è nei cieli;  33 chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch’io lo rinnegherò davanti al Padre
    mio che è nei cieli».

     

    Commento

    C’è una via di annuncio, una via possibile di regno. Il regno di Dio è qualcosa che abita
    quotidianamente in mezzo a noi. Questo brano di Vangelo ci ricorda che c’è una testimonianza che
    possiamo vivere nel nostro quotidiano, che siamo chiamati a dire che c’è qualcosa di più grande: ‘voi
    valete molto di più!’
    È quella parola che il Signore Gesù consegna ai suoi apostoli, nell’ambito dell’annuncio missionario.
    Inizia così il Vangelo, Gesù parla a quelli che gli sono vicini, parla a quelli che condividono con Lui
    quel desiderio di raccontare un volto di Dio che non sia semplicemente quello dell’osservanza di una
    legge, di una norma, una prescrizione, una via di purità rituale. C’è qualcosa di più e questo di più,
    dice il Vangelo, è innanzitutto il rapporto profondo di chi si sente amato da un Dio che addirittura fa
    la cosa più stupida di questo mondo: si mette a contare i capelli che abbiamo in capo.
    Chi ci crede a questo Dio che conta i capelli che abbiamo in capo? Pensiamo davvero che sia così
    questo Dio che perde tempo a contare i capelli del capo e si dimentica di quelle persone che muoiono
    nella vita? Pensiamo che si davvero questo il Dio per cui Vito, Modesto e Crescenzia, che sono i
    nostri patroni, hanno speso la vita?
    Pensiamo che sia questo il Dio per cui Gesù Cristo è morto sulla croce?
    Un Dio distratto, che fa le cose inutili e si dimentica di quelle grandi, come è la vita delle persone …
    oppure c’è davvero qualcosa di più? Oppure questo Dio è qualcosa di molto più grande, che ci dice di
    non preoccuparci di tutto ciò che minaccia il corpo, perché noi siamo più del nostro corpo!
    Ed è quello per cui abbiamo celebrato la messa al Camposanto e possiamo gridarlo forte!
    Perché in questo posto c’è più del corpo dei nostri cari, c’è qualcosa di molto più grande, su cui
    possiamo fondare anche la nostra comunità.
    O Dio è Colui che rende vita, che rende un senso profondo alla vita, all’impegno per la vita, di tutte
    quelle persone che si spendono per la vita, oppure davvero possiamo gridare quest’oggi la nostra
    delusione verso questo Dio?
    Da qui si può ripartire con un annuncio missionario, da qui si deve ripartire con il coraggio di gridare
    al mondo che abbiamo scoperto davvero che c’è qualcosa di più grande del disfarsi di un corpo, della
    sofferenza di una persona, della fragilità della vita, che abbiamo sperimentato tutti in questi mesi di
    pandemia. In un attimo ci siamo sentiti poca cosa. Noi crediamo che non c’è un Dio che schiaccia

    l’uomo per fargli sentire che è poca cosa, ma crediamo che c’è un Dio che fa di tutto per far sentire
    all’uomo che è amato e che l’amore, quando è vero, è qualcosa di eterno, che attraverso i secoli, il
    tempo e la storia.
    Signore, oggi con i nostri patroni martiri, vogliamo ricordare che anche noi siamo chiamati a dare
    questo martirio, a dare questa testimonianza, perché martirio nella lingua antica vuol dire proprio
    questo, vuol dire parlare con la vita, vuol dire far cantare la vita, far brillare nella vita quello per cui
    vale la pena spendersi.
    Signore, aiutaci a cantare questo e a cantarlo per tutta la vita e con tutta la vita.
    Aiutaci a riscoprire, che nonostante la fragilità e la pochezza che tutti abbiamo sperimentato, ci sono
    stati dei gesti, anche in questi mesi, di solidarietà e fraternità, di vicinanza, di attenzione, di servizio
    che ci hanno detto che al di là della paura c’è qualcosa di più grande, per cui vale la pena spendere la
    propria vita.
    I nostri patroni l’hanno scoperto, i nostri fratelli l’hanno sperimentato, tutti noi possiamo davvero
    viverlo e avere il coraggio di ripartire, perché la nostra comunità sia più unita e più capace di
    attenzione e solidarietà, di richiamarsi l’un l’altro che c’è qualcosa di più grande.
    E quando la frenesia ci farà ancora rincorrere i nostri interessi, Signore, aiutaci a ricordarci che non è
    quello che dà senso alla nostra vita.
    Rischiamo di preoccuparci della capigliatura che abbiamo in testa e di dimenticarci delle cose più
    grandi…

    Preghiera 

    Fammi testimone del tuo vangelo, Signore!
    Dammi coraggio per non negare di conoscerti, quando i colleghi ridono parlando di te
    come di un mito e dei tuoi seguaci come di gente alienata.
    Dammi forza per non spaventarmi, quando mi accorgo che essere coerente con il tuo insegnamento
    può significare essere un perdente e trovare sbarrate molte strade nella società.
    Dammi la gioia di sapermi con te, quando resto isolato dagli amici
    che ritengono una perdita di tempo la preghiera e l'eucaristia.
    Dammi di superare ogni rispetto umano per non vergognarmi del vangelo,
    quando essergli fedele comporta il sentirmi 'diverso' dalla grande folla che fa opinione e costume.
    Fammi, o Signore, testimone del tuo amore!
    Amen

  • 09/06/2020   Giugno

    SANTISSIMA TRINITA'

    SANTISSIMA TRINITA’ (Anno A)

     

    Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio, unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna.

    Prima lettura (Es 34,4-6.8-9)


    In quei giorni, Mosè si alzò di buon mattino e salì sul monte Sinai, come il Signore gli aveva comandato, con le due tavole di pietra in mano.
    Allora il Signore scese nella nube, si fermò là presso di lui e proclamò il nome del Signore. Il Signore passò davanti a lui, proclamando: «Il Signore, il Signore, Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di amore e di fedeltà».
    Mosè si curvò in fretta fino a terra e si prostrò. Disse: «Se ho trovato grazia ai tuoi occhi, Signore, che il Signore cammini in mezzo a noi. Sì, è un popolo di dura cervìce, ma tu perdona la nostra colpa e il nostro peccato: fa’ di noi la tua eredità».

     

    Dal Vangelo secondo Giovanni 3, 16-18

     

    In quel tempo, disse Gesù a Nicodemo:
    «Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio, unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna.
    Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui.
    Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio».

    Anche per la nostra vita dovrebbe essere così, anche noi dovremmo essere coloro che poco per volta, conoscendo il volto di questo Dio, diventiamo capaci di dare così stima e fiducia all’altro che la sua fragilità, pochezza e diversità non è qualcosa che ci spaventa e ci separa, non è qualcosa che ci accusa, che sentiamo come lontano dalla nostra vita, ma è uno spazio dove possiamo sentirci provocati a cercare il punto di comunione.

    Dio è un continuo divenire, perché il legame di questa comunione con Lui, che si può generare con Lui, è continuamente nuovo.

    Se c’è una diversità che viene continuamente attratta, vuol dire che Dio non è qualcuno che se ne sta fermo in un posto a guardare che tutto il resto del vivere, del creato, del mondo provi ad arrangiarsi da solo e a funzionare, ma è qualcosa che costantemente generando vita ci attira alla vita piena con Lui.

    Questa in fondo è la nostra vocazione.

    Anche per noi, come per Nicodemo, in questo incontro del Vangelo, il punto di partenza per cercare di capire e di stare nella relazione con il mistero di Dio non è tanto quello di fissare il cielo, come se ci fosse qualcuno di lontano o qualcosa di misterioso da scoprire, ma il punto di partenza, quello che Gesù gli chiede, è allargare lo sguardo e riconoscere che cosa nella nostra vita quotidiana ci sta provocando alla relazione, allo stupore, quella diversità che ci sta provocando a dire ‘di questa cosa, cosa ne faccio? L’allontano da me perché mi dà fastidio o questa realtà mi provoca e mi stimola a cercare la via della comunione?’

    È una via di rinascita, costantemente, perché devo accettare la diversità dell’altro ogni istante, ogni momento, non posso darlo per scontato.

    Tante volte, anzi, ci accorgiamo che i nostri rapporti e la relazione con il mondo e le cose vanno in crisi quando le diamo per scontato, so già come la pensi, so già come ti comporti…è lì che vengono fuori le situazioni dove la morte bussa alla nostra porta… perché non c’è più spazio di vita, di crescita, di possibilità!

    Chiediamoci: che cosa ci stata provocando? Cosa ne facciamo delle cose che ci provocano? Ci chiamano ad un rapporto dove anche noi scopriamo che c’è un Padre che dà sorgente e genera la vita, c’è uno Spirito che è amante, un Figlio che redime il male, che lo sopporta, ci dà questi nomi, ci permette di costruire su questi nomi, quelli che Gesù elenca a Nicodemo “Dio ha amato il mondo, ha dato il figlio, perché chiunque crede in questo nome trovi la salvezza”.

    Il nome è questo, è qualcosa che è dato, non sta davanti a noi, dicendo ‘se credo in Dio mi succederà qualcosa’ … è un fondamento, ci è detto che Lui così c’è. Questo è ciò che deve provocare la nostra vita, riuscire a riportare dentro questa relazione, dentro la pienezza di questa unità tutto ciò che il nostro vivere quotidiano ci presenta.

    Non guardiamo lontano da noi, ma guardiamo tutto ciò che anche oggi ci provoca e ci stupisce e ci permette di far nascere nel quotidiano della nostra vita il gusto pieno di trovare l’unità.

    Aiutaci, Signore, a dire che davvero il nostro Dio è spazio, è comunione di rapporto, è relazione dentro cui anche noi siamo chiamati a starci e ad abitare e tutte le volte che siamo capaci di fare casa dentro questa relazione, scopriremo poco per volta che quel mistero di Dio ci è così vicino addirittura da abitarci.

     

    Preghiera

     

    Sono cristiano, mio Dio, nel nome del Padre,
    insegnami a rendere evidente il suo abbraccio nel mio:
    gratuito, creativo, appassionato e sempre vivo.
    Sono cristiano, mio Dio, nel nome del Figlio,
    insegnami a rendere trasparente il suo volto nel mio:
    accogliente, energico, meravigliato, positivo.
    Sono cristiano, mio Dio, nel nome del Santo Spirito,
    insegnami a rendere presente il suo respiro nel mio:
    leggero, giocoso, potente, infinito.
    Sono cristiano, mio Dio, nel nome della Trinità,
    insegnami a rendere concreto il suo Amore nel mio:
    incapace di Essere

    senza vivere la comunione di almeno tre persone. Amen

     

     

    Commento

     

    Quando si vuole conoscere una persona, normalmente gli si chiede il nome e anche nell’esperienza emotiva, relazionale delle cose dare il nome ad una situazione, ad una malattia, ad una difficoltà, a dei pensieri che ci attraversano è il modo con cui ci sembra di addolcire, di sopportare di più quel peso, quella fatica.

    Anche per Mosè l’esperienza di questo incontro con Dio è iniziata proprio da qui, da quel rovento ardente, da quella realtà luminosa, provocante che gli ha chiesto di entrare in relazione, ha chiesto il nome.

    E poi, in tutto il percorso dei lunghi anni in cui è restato in relazione con Dio, si è accorto che quel nome “Jaweh, Io cono colui che sono”, io sono l’Eterno, Io sono il per sempre, un nome un po’ strano, che è un verbo, un divenire, un agire, un relazionarsi, quel nome è diventato sempre di più, sempre più profondo.

    All’inizio gli bastava per capire che era di fronte a qualcosa di bello, di grande, di stupefacente, ma non lo conteneva, non gli bastava.

    Nel corso di tutti questi anni in cui è entrato ed è stato dentro questa relazione con Dio, quel nome si è tradotto in molteplici altri nomi. Questa pagina del libro dell’Esodo ce ne mette lì un po’.

    Più si avvicina a Lui, più sente il bisogno di un nome nuovo: misericordioso, pietoso, lento all’ira, ricco di grazia, fedele, paziente, benevolo. È come se fosse la stessa persona descritta da più aspetti, da più punti di vista, fino al nome straordinario che questa relazione, iniziata con Mosè e che ha attraversato tutti i secoli e la storia del popolo d’Israele, con Gesù diventa Abbà, padre.

    Ma anche questo non basta, perché con la sua morte di croce ci dice che il nome al di sopra di ogni altro nome è comunione, è quell’eterna predisposizione di Dio di accogliere l’altro, di fare spazio all’altro, tanto che nemmeno l’ostacolo più grande, non quello della diversità dell’altro, ma quello della morte impedisce questa possibilità di stare in Dio, di essere con Lui.

    Quel nome “Io sono colui che sono” è colui che continua a fare di tutte le diversità una cosa sola.

    Questo è il nome che potremmo pronunciare di Dio, che potremmo dare alla nostra esperienza quotidiana della preghiera.

    Colui che accoglie la fragilità, la pochezza del nostro essere, tanto che abbiamo bisogno di rivolgerci a qualcuno, l’attira a sé, la tiene su di sé, la porta su di sé.

  • 31/05/2020   Maggio

    PENTECOSTE

    Preghiera allo SPIRITO SANTO

    Vieni, o Spirito creatore, visita le nostre menti,
    riempi della tua grazia i cuori che hai creato.
    O dolce consolatore, dono del Padre altissimo,
    acqua viva, fuoco, amore, santo crisma dell'anima.
    Dito della mano di Dio, promesso dal Salvatore
    irradia i tuoi sette doni, suscita in noi la parola.
    Sii luce all'intelletto, fiamma ardente nel cuore;
    sana le nostre ferite col balsamo del tuo amore.
    Difendici dal nemico, reca in dono la pace,
    la tua guida invincibile ci preservi dal male.
    Luce d'eterna sapienza, svelaci il grande mistero
    di Dio Padre e del Figlio uniti in un solo Amore.
    Sia gloria a Dio Padre, al Figlio, che è risorto dai morti

    e allo Spirito Santo per tutti i secoli.

    Amen.

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  • 23/05/2020   Maggio

    VII DOMENICA DI PASQUA

    FESTA DELL’ASCENSIONE DI GESU’ AL CIELO

    La tua ascensione al cielo, Signore,

    mi colma di gioia perché è finito per me il tempo di stare a guardare

    ciò che fai e comincia il tempo del mio impegno.

    Ciò che mi hai affidato,

    rompe il guscio del mio individualismo

    e del mio stare a guardare facendomi sentire responsabile

    in prima persona della salvezza del mondo.

    A me, Signore, hai affidato il tuo Vangelo,

    perché lo annunciassi su tutte le strade del mondo.

    Dammi la forza della fede, come ebbero i tuoi primi apostoli,

    così che non mi vinca il timore, non mi fermino le difficoltà,

    non mi avvilisca l'incomprensione,

    ma sempre e dovunque,

    io sia tua lieta notizia, rivelatore del tuo amore,

    come lo sono i martiri e i santi nella storia di tutti i popoli del mondo

    Amen.

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  • 16/05/2020   Maggio

    VI DOMENICA DI PASQUA

    “Vi manderò il Paraclito”

    VI Domenica di Pasqua

     

    Vieni Spirito della fede
    E insegnaci a credere fermamente nell'amore di Dio

    e nella possibilità di vivere come suoi figli.

    Vieni Spirito della speranza
    E insegnaci a guardare oltre gli ostacoli, e a vivere ogni sfida della vita ù

    guidati dalla certezza che sei in noi e ci doni la tua forza.

    Vieni Spirito di carità
    E insegnaci ad amare Dio con tutto il cuore, la mente e le forze

    e diventare prossimo di ogni persona che incontriamo,

    sullo stile di Gesù, servo per amore.

    Vieni Spirito della gioia
    E insegnaci a riconoscere i segni della presenza di Dio nella nostra vita,

    e a esultare come Maria che si sente coinvolta pienamente

    in questa storia di amore.

    Vieni Spirito dell'umiltà
    E insegnaci che ogni piccolo passo è necessario

    per arrivare alle grandi mete che ci realizzano

    come persone e come credenti.

    Vieni Spirito della forza
    E insegnaci a non prendere paura se i risultati che speriamo

    non arrivano subito e chiedono anche un po' di sacrificio e sofferenza.

    Vieni Spirito della fedeltà
    E insegnaci a non abbandonare il cammino che abbiamo iniziato,

    e a cercare in te, e nella comunità il sostegno nei momenti difficili.

    Vieni Spirito della testimonianza
    E insegnaci a dare testimonianza a tutti e sempre del tuo amore,

    della bellezza di Dio, della gioia che nasce dal Vangelo

    vissuto giorno per giorno.

    Amen.

     

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  • 09/05/2020   Maggio

    V DOMENICA DI PASQUA

    Gesù Via, Verità e Vita nostra…

    Ti ringraziamo, Signore, per il dono dei nostri figli.
    Sappiamo che tu li ami di un amore più grande,
    più potente, più puro del nostro;
    a te dunque li affidiamo.
    Sii tu per loro la Via, la Verità e la Vita,
    l'amico vero che non tradisce mai.
    Fa' che essi credano, perché la vita
    senza fede è una notte disperata.
    Fa' che siano puri, perché senza purezza
    non c'è amore, ma egoismo.
    Fa' che crescano onesti e laboriosi, sani e buoni.
    Degnati di eleggere e di chiamare qualcuno di loro
    per l'avvento del tuo Regno.
    Fa' che noi siamo per loro esempio luminoso di virtù e guida sicura.
    Dona efficacia alla nostra parola, forza costante
    alla nostra azione educativa e di testimonianza.
    E tu, Maria, dacci un cuore capace di trasmettere
    una fede viva e ardente.
    Fa che i nostri figli crescano in virtù e santità
    per opera tua e del tuo Figlio Divino.
    Amen!

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  • 01/05/2020   Maggio

    IV DOMENICA DI PASQUA

    PREGHIERA PER

    LA GIORNATA MONDIALE

    DELLE VOCAZIONI

    Signore Gesù,incontrare te
    è lasciare che il tuo sguardo ci raggiunga
    lì dove ci siamo nascosti.
    Solo i tuoi occhi vedono e amano tutto di noi:
    donaci la luce del tuo Spirito
    perché guardando te
    conosciamo il nostro vero volto di figli amati.

     

    Signore Gesù,scegliere te
    è lasciare che tu vinca l’amarezza
    delle nostre solitudini
    e la paura delle nostre fragilità;
    solo con te la realtà si riempie di vita .
    Insegnaci l’arte di amare:
    avventura possibile perché tu sei in noi e con noi.

     

    Signore Gesù,seguire te
    è far sbocciare i sogni e prendere decisioni
    è darsi al meglio della vita.
    Attiraci all’incontro con te
    e chiamaci a seguirti per ricevere da te
    il regalo della vocazione:
    crescere, maturare e divenire dono per gli altri.

    Amen

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  • 25/04/2020   Aprile

    III DOMENICA DI PASQUA

    "IL PELLEGRINO A EMMAUS"

    Preghiera serale

    Vieni sulle strade che percorriamo, e avvicinati a noi,
    ascolta le delusioni e le amarezze,
    i nostri pensieri che rendono pesanti i cuori.
    Abbiamo abbandonato i compagni
    con cui avevamo coltivato speranze,
    e condiviso i sogni;
    gli occhi bassi non riescono a scorgere il cielo,
    perché si è spento ormai il Sole.
    Ma Tu, pellegrino, incendi i cuori,
    illumini la via e risvegli speranze.
    Noi non ti riconosciamo, e solo quando
    prendi – benedici – spezzi – doni,
    scoppia la gioia incontenibile che ci abbraccia e ci riempie.
    Non riusciamo a tenerla per noi.
    Non contiamo più i chilometri, i tempi per percorrerli,
    e il buio che incombe,
    perchè i nostri piedi desiderano danzare e le gole cantare,
    tutta la gioia e la speranza che è rinata.
    Vogliamo condividerla con tutti.
    E’ rinata in noi la Speranza e ora ci abita davvero!

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  • 20/04/2020   Aprile

    DOMENICA DELLA MISERICORDIA

    DOMENICA DELLA DIVINA MISERICORDIA

    La scelta della prima domenica dopo Pasqua ha un suo profondo senso teologico: indica lo stretto
    legame tra il mistero pasquale della Redenzione e la festa della Misericordia:

    "L'opera della Redenzione è collegata con l'opera della Misericordia richiesta dal Signore"

    Questo
    legame è sottolineato ulteriormente dalla novena che precede la festa e che inizia il Venerdì Santo.
    Gesù ha spiegato la ragione per cui ha chiesto l'istituzione della festa: Le anime periscono,
    nonostante la Mia dolorosa Passione (...). Se non adoreranno la Mia misericordia, periranno per
    sempre.

    La preparazione alla festa deve essere una novena, che consiste nella recita, cominciando
    dal Venerdì Santo, della coroncina alla Divina Misericordia. Questa novena è stata desiderata da
    Gesù ed Egli ha detto a proposito di essa che elargirà grazie di ogni genere

    PREGHIERA

    O Dio, Padre buono, con viscere di Misericordia
    sempre ti chini su di noi piccoli e poveri,
    viandanti sulle strade del mondo,

    e ci doni, in Cristo tuo Figlio nato dalla Vergine Maria,

    Parola che è lampada ai nostri passi
    e Pane che ci fortifica lungo il cammino della vita.
    Fà che trasformati e sospinti dal Tuo Amore,

    andiamo incontro a tutti con cuore libero e sguardo fiducioso
    perché coloro che Ti cercano possano trovare in noi una porta aperta,

    una casa ospitale, una parola di speranza.

    Fa che possiamo gustare
    la gioia di vivere gli uni accanto agli altri,
    nel vincolo della carità e nella dolcezza della pace.

    Desiderosi di essere da Te accolti
    al banchetto del tuo Regno di eterno splendore,
    donaci la gioia di avanzare nel cammino della fede,
    uniti in Cristo, nostro amato Salvatore.
    Gesù, confido in Te. Amen.

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  • 05/04/2020   Aprile

    DOMENICA DELLE PALME

    Amen

    - VI domenica di Quaresima-
    La Domenica delle Palme dà inizio alla Settimana Santa, in questo

    periodo così importante che ci porta fino a Pasqua vogliamo
    ripetere il nostro “Amen”, il nostro credo. Confermiamo la nostra
    fiducia in Dio, la nostra fede nelle parole solide, affidabili e vere
    che abbiamo pronunciato nel credo.

    Mi chiedi solo di credere, di fidarmi di te,
    di non avere paura delle tempeste della vita.

    Mi dici che tu ci sei.
    E io lo so. Lo sento che ci sei...
    Fidarmi di te però non è facile,
    non è per niente scontato.
    Chi crede ha una stella

    che gli segna il cammino e non si perderà.

    Chi crede non viene colpito,
    neanche da frecce che volano nel cielo.
    Chi ha fiducia in Dio ha trovato la sua casa.
    Tu sei la roccia della mia vita,
    io credo in te; tu mi copri di ogni bene.

    Grazie, Signore.

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  • 04/04/2020   Aprile

    PASQUA DEGLI ADULTI - 5° giorno -

    Venerdì 13 marzo 2020

     

    5° incontro - L'ingresso in Gerusalemme

     

    Dal Vangelo di Matteo


    Quando furono vicini a Gerusalemme e giunsero presso Betfage, verso il monte degli Ulivi,
    il Signore Gesù mandò due discepoli, dicendo loro: «Andate nel villaggio di fronte a voi e subito
    troverete un’asina, legata, e con essa un puledro. Slegateli e conduceteli da me. E se qualcuno vi
    dirà qualcosa, rispondete: “Il Signore ne ha bisogno, ma li rimanderà indietro subito”». Ora
    questo avvenne perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta: «Dite alla figlia
    di Sion: Ecco, a te viene il tuo re, mite, seduto su un’asina e su un puledro, figlio di una bestia da
    soma». I discepoli andarono e fecero quello che aveva ordinato loro Gesù: condussero l’asina e
    il puledro, misero su di essi i mantelli ed egli vi si pose a sedere. La folla, numerosissima, stese i propri mantelli sulla strada, mentre altri tagliavano rami dagli alberi e li stendevano sulla stra-
    da. La folla che lo precedeva e quella che lo seguiva, gridava: «Osanna al figlio di Davide! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Osanna nel più alto dei cieli!». (Mt 21, 1-9)

     

    Il turbamento di Gerusalemme

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    Concludiamo questa sera il percorso di contemplazione dei misteri della Pasqua.

    Lo facciamo fermandoci su un brano che forse è anche uno dei più cari, di quelli che ascoltiamo nelle grandi solennità dell'anno liturgico. Perché la festa della domenica delle palme, in cui facciamo memoria dell'ingresso di Gesù a Gerusalemme , è una festa che ci piace celebrare, è una festa che ha proprio il sapore della gioia, dell'entusiasmo, per la venuta di Gesù. Ma anche una festa dai contorni un po' troppo sentimentali, diciamo così. Prendiamo questo gesto di Gesù che viene sull'asinello, come una cosa che fa tenerezza.

    Ma ascolteremo questa sera una parola che ci farà sentire come, invece, questo gesto di tenero non ha moltissimo, per la verità; in realtà, per chi lo visse a quel tempo, fu uno scossone, letteralmente.

    E in effetti è proprio giusto pensarlo così; quando lo celebreremo quest'anno, se ci sarà dato di poterlo fare nella settimana santa e ascolteremo questo vangelo, forse sarà una buona cosa ascoltare questo racconto come uno scossone.

    Perché nei versetti successivi a quelli letti, Matteo dice proprio così: che quando Gesù entra in città, dirigendosi poi verso il tempio, la città subisce un grande turbamento, un sisma subisce!

    La parola utilizzata da Matteo dice proprio questo. Gerusalemme ne aveva già subito un altro di sisma, per la verità; perché quando viene annunciata la nascita di Gesù a Betlemme, la città si scuote per questa nascita.

    I grandi incontri di Gesù con questa città, i grandi ingressi di Gesù dentro la storia, provocano uno scossone, un terremoto; buttano per aria le cose, fanno crollare ciò che non è consistente, fanno venir via gli intonaci, perché si veda che cosa ci sta sotto, creano delle crepe, delle aperture, là dove non passava un filo d'aria.

    Ci sarà un terzo terremoto, quando ci sarà l'apertura del sepolcro, un altro scuotimento.

    Davvero ogni ingresso da signore di questo Gesù dentro la storia è uno scossone. (senza dimenticare lo squarciarsi del velo del tempio e il buio durante la sua morte).

    E ascoltato da questo punto di vista,in effetti, questo ingresso di Gesù, tra le frasche di ulivi e mantelli messi per terra, l'asino, interroga ancora di più.

     

     

    La Paternità buona del Padre si rivela nelle beatitudini

     

    Da un certo punto di vista questo ci consola, perché sentiamo questo Signore che promette di accompagnare la nostra vita, è un Signore potente! Non è in balia delle cose. Però ci chiede anche di interrogarci su quale sia la sua potenza, e che cosa se ne fa; in che senso è Signore ? Quale la prospettiva per comprendere questa regalità?

    E in effetti questo è un racconto che parla proprio di regalità. Parla del modo in cui Gesù intende il suo Regno e il Regno del Padre suo, il modo in cui lo governa, in cui lui tiene le redini della situazione. Di questo parla.

    Di questo tema, peraltro, Matteo non ha lasciato digiuni i suoi lettori. Ci ha messo tutto un vangelo fino a qui, per narrare e raccontare un po' questo Regno.

    Abbiamo ascoltato le parabole del Regno, che parlano proprio del mistero del Regno del Padre suo, del Regno di Dio all'opera nella storia. Ma sono diversi i passi in cui Matteo ci da conto di questa paternità buona all'opera nel mondo, di questa operosità gentile e benevola, provvidente e compassionevole del Padre all'opera nella storia. L'evangelista ci permette di vedere che questo operare di Dio nella storia non è solo benevolo, compassionevole e provvidente, ma è capace di creare delle novità; è capace di creare l'armonia, là dove ci sono i conflitti; di creare pace e comunione, là dove ci sono le divisioni; di riconciliare; di rimettere in piedi chi è caduto; di riabilitare chi era squalificato; di dare pienezza di vita, là dove non ce n'è.

    E nel raccontare di questo, Matteo parte dalla esperienza fondamentale, dove il Padre vuol garantire ai suoi figli il suo operare; che è quella delle beatitudine all'inizio del discorso delle montagna. Come a dire: ecco, l'effetto fondamentale dell'agire del Padre è questo: il Padre opera per la vostra beatitudine. Volete vedere Dio all'opera nella storia? È anzitutto dove c'è beatitudine. Volete vedere qual'è l'effetto primo della sua Paternità? È questo: dove vedete un beato, una beata, vedete un effetto di quella Paternità.

    La beatitudine è un effetto della presenza di Dio nella vita degli uomini e delle donne. Non è qualcosa che si produce e si realizza, non è l'effetto di un buon comportamento. È il risultato di una relazione: quella che il Padre ha coi suoi figli; una relazione, nella quale vuole che i suoi figli avvertano sempre che la loro vita da quella relazione riceve una garanzia di significato: la tua vita non è mai senza senso, non è mai senza valore. È il mio esserti Padre che da valore a questo vivere; ed è il tuo vivere da figlio, riconoscendomi come Padre, che da senso a questo tuo esistere; anche quando la tua vita è scossa dalla afflizione, dal pianto, dalla persecuzione, perfino del lutto. Beati gli afflitti, i perseguitati, quelli che hanno fame e sete di giustizia, beati quelli che sono poveri di spirito o poveri e basta.

    Ancora, Matteo racconta altri effetti di questa regalità, di questa sovranità del Padre. Racconta che il modo con cui il Padre governa il mondo, è quello di suscitare un amore, che è capace di dedizione anche al nemico; di una misericordia che è capace di coprire i peccati peggiori; che la modalità di rapportarsi con i beni materiali sia all'insegna della libertà.

    Racconta che questa regalità del Padre si manifesta nella capacità di stare dentro i piccoli e grandi affanni della vita: il nutrirsi, il vestirsi, avere una casa, una sicurezza, avere la salute, senza preoccupazione, ma con fiducia. Ecco Matteo ci dice che questo Regno, che questo modo di Dio di essere un re Padre, è una modalità che non si oppone al malvagio con le sue stesse armi. Per quanto sia potente, capace di qualsiasi cosa, non si oppone mai all'empio con le sue stesse armi; preferisce la compagnia dei piccoli, dei poveri, dei peccatori, per liberarli dal male e farsi carico dei loro bisogni; e che nulla ha a che fare, questo sovrano Padre, con i sovrani del mondo, umorali e violenti, prepotenti; come quelli che quando ti presenti ad un banchetto senza l'abito giusto, ti fanno fuori; come quelli che, se non accetti l'invito al loro banchetto, ti radono al suolo la cittadina. Non c'entra nulla con questi.

    Così Matteo ci fa arrivare all'ingresso di Gerusalemme con tutto questo bagaglio ricco di comprensione del mistero di Dio, che ci permetterebbe già di entrare, senza fraintendere il senso di quel gesto. A chi aveva camminato con lui avrebbe già permesso tutto questo bagaglio di rivelazione di racconto, di svelamento del mistero di Dio, di comprendere quello che stava capitando, di leggerlo in profondità, di apprezzarlo, di sostenerlo.

    Ma non fu proprio così. E sconcerta sempre avvertire il contrasto tra questo contesto terribilmente drammatico e la festosità di questa entrata, e la rapidità con cui poi le voci di festa si muteranno in richiesta di morte.

     

     

    Un gesto di provocazione

     

    Arriviamo qui ad ascoltare un altro pezzo di racconto della regalità di Dio, con questa cornice prospettica. Ma non solo; Matteo aggiunge altri elementi di cornice a questo racconto. E un po' tutto il contesto, in cui questo episodio è inserito, ci fa avvertire che lo stile con cui Gesù sta compiendo questo gesto, lo si capirà nei capitoli immediatamente successivi a questo cap. 21.

    Da lì si capisce che Gesù sta compiendo un gesto di provocazione; andrà allo scontro con le autorità di Israele; gliela canterà dritto in faccia la loro ipocrisia, l'aver deviato dalla volontà di Dio, l'aver travisato volutamente o meno il senso della Legge. Ma lui provoca, non per cercare la lotta o la battaglia; provoca appunto; e quel terremoto ci da la chiave di lettura, per scuotere, per smuovere ciò che si è irrigidito; per far venir fuori dalle barricate, in cui si erano chiusi, i suoi avversari; farli uscire allo scoperto; non per colpirli, ma per medicarne le ferite, che la durezza del loro cuore certamente aveva causato alle loro vite.

    Allora questo dell'ingresso sul puledro d'asina è una provocazione, che va letta in stretto collegamento con il gesto che immediatamente dopo viene raccontato: la cacciata dei mercanti dal tempio. Noi capiamo qualcosa della regalità di Gesù se abbiamo ben presente che cosa succederà poi nel tempio.

    Infine, l'ultimo elemento con il quale Matteo ci invita a guardare a questo gesto di Gesù è questa citazione biblica, Matteo ne fa largo uso nel suo vangelo di citazioni dell'antico testamento, con le quali offre delle chiavi di lettura, da delle cornici interpretative, arricchisce il senso; lo mette in una prospettiva di tutta la storia della salvezza di Israele.

    Ma qui la mette proprio all'inizio dell'episodio, in mezzo tra l'ordine che Gesù dà ai discepoli e l'esecuzione dello stesso ordine; lo piazza lì in anticipo, diversamente di tutte le altre volte in cui usa queste citazioni cosiddette di compimento, con le quali normalmente chiude i racconti per dire: avete visto è successo proprio come era stato anticipato.

    Qui invece lo mette quasi come titolo, come se fosse un prologo; così sapete bene qual'è il paio di occhiali da mettere per leggere questo episodio. È un versetto che è la citazione di un mix tra due versetti di Is. 62,11 e Zc. 9,9 che lui riprende ( ma pare che gli sia arrivata già così questa versione del testo), forse non sa nemmeno bene la provenienza, tanto che non lo dice; ma in ogni caso la mette come punto prospettico.

     

     

     

     

    Gesù entra in Gerusalemme come il Signore suo Salvatore

     

    Dunque arriviamo dentro questo brano con tutto questo portato di significati. Qui sappiamo già che questa Gerusalemme è la città del rifiuto, nella quale Gesù si scontrerà definitivamente con la resistenza al vangelo. E proprio per questo che va a darle uno scossone. E lo fa arrivando proprio dal monte degli ulivi, dal quale, ancora secondo Zaccaria, sarebbe arrivato il Salvatore.

    Dunque, nel racconto di Matteo, Gesù si presenta, a quella città che lo sta rifiutando, direttamente come il Salvatore . Quindi non si presenta come un antagonista, come un nemico, come colui che vine a conquistare la città, a sottometterla, a soggiogarla sotto il suo potere; no, viene come il Salvatore, come colui che libererà la città, come colui che libera Israele; che dà pienezza definitiva alla alleanza col suo Signore, che ristabilisce la giustizia, la pace; viene come il salvatore! Capite?

    E già questo è molto provocante come prospettiva. Come si fa ad affacciarsi al proprio nemico come il suo salvatore? Come è possibile avere questo sguardo? Quale capacità ricreatrice, quale profondità di amore riplasmante può avere una azione di questo genere?

    Noi dobbiamo aspettarci che il Signore guardi la nostra vita sempre con questo sguardo! Anche quando gli siamo antagonisti, anche quando ci allontaniamo dalla sua parola, anche quando la contrastiamo, magari; o tentiamo in tutti i modo di smentirla, di saggiarla, di metterla alla prova, di tentarla anche; perfino quando lo bestemmiamo. Il Signore ci guarda come il nostro Salvatore, come colui che vuole liberarci, prendersi cura di noi; come colui che ha compassione delle sofferenze che portiamo; come colui che vuole dare pienezza alla vita che viviamo.

    Anche qui, come abbiamo già ritrovato in altri passi che abbiamo commentato le scorse sere, Gesù sembra già sapere le cose in anticipo. È in anticipo su quello che verrà; è in controllo sulla situazione; ma forse è meglio dire proprio è in anticipo. Questo ci dà la sensazione che il Signore precede i nostri passi; che il suo amore è in anticipo sulla nostra esistenza; non corre continuamente ai ripari, ma è in anticipo. Vuol dire che anche la possibilità del nostro tradimento, del nostro peccato, è anticipata dal suo amore; e a questo anticipo dispone anche l'operato dei suoi discepoli: “Andate e... subito troverete”.

    Capiamo così che le mosse che fa non sono casuali; nell'ordinargli quel che dovranno fare, dà addirittura indicazioni a loro circa gli ostacoli che potrebbero trovare. E andrà proprio così.

    Ma questo preparare in anticipo ci fa comprendere che il gesto che Gesù sta per fare, non è affatto casuale, ma assolutamente preparato e voluto.

    Ancora, nel dare questo ordine si presenta come il Kyrios, il Signore: “Il Signore ne ha bisogno”. Ma che Signore è, appunto che Signore è? Uno che di fronte al nemico si pone come suo Salvatore; che signoria è questa? Non funzionano così le signorie del mondo. E questo Signore come usa la conoscenza in anticipo delle cose? Nei conflitti conoscere in anticipo le mosse dell'avversario vuol dire aver la vita facile; saper anticipare le mosse del nemico è il segreto della vittoria. Ma Lui che cosa se ne fa di questa conoscenza, a servizio di cosa la mette?

    E qui Lui dimostra di essere Signore sul serio, si comporta anche come tale, perché dà l'impressione di poter disporre dei beni dei suoi sudditi come vuole: “ Ho bisogno di quel puledro andate e dite che ho bisogno per me”, come fanno i sovrani. Ma diversamente da come fanno i sovrani, fa questa promessa delicata, che fa un po sorridere: “Ma lo rimanderà indietro subito”. come a non voler dare neanche un vago sospetto che sia uno di quei signori, che requisisce abusando delle cose. No, è un prestito, l'asino gli sarà restituito meglio di prima. E questo rispetto per le cose altrui dice già molto della sua sovranità.

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

    Gesù viene come il Re mite

     

     

     

    Ma il sospetto che ci sia qualcosa di diverso nel suo modo di essere Signore, viene aumentato da questa citazione, il cui centro è una parola sola, che Matteo ha già utilizzato in almeno un paio di occasioni. In greco è il termine “ήπιος = epios” che potremmo tradurre così; benevolo, mansueto, gentile. “Dite alla figlia di Sion: Ecco, a te viene il tuo re, mite”, buono e benevolo e mansueto, seduto su un asina e un puledro figlio di una bestia da soma..

    Matteo usa due volte questa espressione: una proprio nelle beatitudini ( Mt. 5,5 ) beati i miti. Poi in quel passo famoso, uno dei più consolanti del vangelo: “Venite a me voi tutti che siete affaticati e oppressi e io vi darò ristoro, prendete il mio giogo sopra di voi, imparate da me che sono mite e umile di cuore e troverete ristoro per la vostra vita”. La mitezza nelle beatitudini viene descritta proprio così, come una circostanza nella quale la beatitudine del Padre si manifesta. È come se Gesù nell'annuncio delle beatitudini avesse detto; oh ho visto della gente che si comportava in modo mite. Diversamente dagli altri nel mondo, non era presa dalla fame di affermarsi sugli altri con la violenza, la forza, la prevaricazione, con la prepotenza. E anche di fronte agli attacchi li ho visti non reagire con altrettanta durezza e violenza; li ho visti reagire, magari con forza per trattenere il violento, ma facendone un buon uso di quella forza, non per ferire ma per salvare; non per schiacciare ma per sollevare persino l'avversario; non per mettere fine alla sua vita ma per mettere altre occasioni di vita. Bene io ho visto quei miti lì anche nel travaglio, li ho visti beati.

    Ho visto che esercitare la forza in quel modo è occasione di senso e di significato alla vita. Ho visto in loro risplendere i tratti del volto del Padre mio. Ho visto il Padre mio dare a quelli una pienezza di vita che in altri non ho visto. Lo dirà poi anche di sé, con una espressione precisa, che fa da contrasto rispetto al modo con cui invece i farisei vivevano il rapporto con il popolo e il rapporto con la legge di Dio. Gesù fa notare che i capi del popolo, scribi e farisei, utilizzavano la legge come strumento di oppressione, un giogo pesante che soffocava, che toglieva il respiro che toglieva vita. E lo facevano senza farsene carico,senza essere obbedienti. Gesù invece si propone come colui

    che solleva quel peso dalle spalle, anzitutto perché lui per primo si fa obbediente al Padre. La sua mitezza è innanzitutto obbedienza alla volontà del Padre e alla sua Parola. Dunque, proprio in virtù di questa relazione col Padre, fa di Gesù e delle sue parole e della sua chiamata, della sua prossimità, non un peso da portare, qualcosa che schiaccia, come il potente e il prepotente, ma come un sollievo, che da respiro, che fa allargare i polmoni, come un giogo leggero.

    E dunque Gesù entra a Gerusalemme mite così. È certamente uno stile nonviolento e pacifico, ma non basta dire questo. È chiaro che viene in pace Gesù, ma non è sufficiente dire che viene in pace; nel suo fare pace non è un debole, affatto; non è un fragile nel senso di chi è remissivo, si lasciano fare tutto, basta il quieto vivere, basta che le cose stiano tranquille. Tutt'altro; non è violento e pacifico, ma è forte, di una forza messa al servizio (ieri lo abbiamo detto) della crescita dell'altro, del riscatto, della pienezza di vita.

    Per rafforzare questa caratteristica della mitezza peculiare di Gesù viene utilizzato questo segno dell'asino; diversamente dal cavallo, che era una vera e propria arma da guerra a quel tempo; diversamente dalla mula, che era la cavalcatura del re. Qui viene utilizzato l'asino, che era l'animale da soma, da fatica, quello che usava il popolo nella vita ordinaria.

     

     

    Di chi è Re, Cristo

     

    Di chi è Signore uno che viene ed entra nella città che gli è nemica, sul dorso di uno strumento da lavoro, ordinario, feriale. Di chi è re uno così? Di chi vuole essere re, che re vuole essere uno così? In che senso è re? Si intuisce molto bene che i suoi palazzi, la sua corte non saranno certo quelle sontuose, come quelle di Erode. Si comprende che gli ambienti che predilige non sono certo quelli dei grandi palazzi dei ricchi, delle feste di corte. Si capisce bene che gli spazi che gli sono famigliari sono quelli dell'ordinario, della vita della gente comune; quelli che ha attraversato nella sua predicazione. Che certo sono anche le case dei ricchi, che Gesù non ha mancato di frequentare, ma non per farsi signore, per fare il signorotto.

    Questo ci dà una lente importante per leggere la presenza del Signore e quali sono gli ambiti della sua signoria nella nostra vita. Se questo entra a dorso di un asino è un vicino di casa; è quello che prende il pullman con me, che fa la coda alla cassa del supermercato.

    Evidentemente non è un dominatore. I discepoli eseguono l'ordine ed ecco l'ingresso che tutto tranne una parata militare o una marcia di conquista su Gerusalemme. Eppure costui è un re! La folla ovviamente non può essere dipinta che come una folla straripante, festante; calca la mano Matteo come è giusto che debba fare; la folla compie i normali gesti di onorificenza che venivano riservati alle persone importanti; distende i mantelli perché il suo piede non tocchi terra, stende le fronde, lo cantano come messia il figlio di Davide colui che viene nel nome del Signore, gridano osanna; come si salutava chi arrivava a Gerusalemme.

     

     

    Il gesto profetico di Gesù nel tempio: qual'è il suo regno

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    Ma non finisce qui. Perché l'ingresso è seguito da un gesto importante. Entra nella città e va direttamente nel tempio. Lì compirà quel gesto famoso delle bancarelle rovesciate dei venditori di colombe e dei cambiavalute. Un gesto che spesso si interpreta male: vedi che anche Gesù qualche volta, quando è servito, è stato violento!?. Ha usato la forza per colpire?!

    Ma se è vera la lettura che abbiamo fatto fin qui, è evidentemente una manipolazione del vangelo, attribuire significati di quel genere. Quel gesto invece non è affatto un gesto violento, ma un gesto meramente profetico. Inoltre dobbiamo immaginarci un gesto di poco conto, che nella grande spianata lui abbia buttato per aria un qualche banchetto, che non ha richiesto nemmeno l'intervento delle guardie del tempo. Cosa che nemmeno ha scomodato i sacerdoti e i capi del popolo, che quando vedono compiere il gesto non si preoccupano più di tanto.

    Ma invece si scatenano quando Gesù compie un altro gesto, che è il vero gesto profetico che Lui è entrato a compiere nel tempio.

    Gesù entra e nel tempio guarisce e viene attorniato da bambini; cioè da chi aveva meno valore all'interno della società ebraica, che non aveva diritto, perché impuri, ad entrare nel tempio: gli scarti, i malati, i bambini, mancherebbero giusto le donne (ma nel tempio non potevano entrare, se non in un posto a parte). Guarisce gli uni e accoglie l'osanna degli altri. Ridà vita a chi soffre, e dà parola, riconosce parola profetica a chi non aveva diritto di parola. E questo è inaccettabile per i capi del popolo; reagiscono violentemente, si scontrano con lui, gli rimproverano esattamente questo: il fatto che abbia guarito i malati e che i piccoli gridano la sua gloria. Perché ai loro occhi è inaccettabile un Dio il cui popolo è fatto così: di ciechi storpi e di bambini. Il loro Dio è il dio della gloria della possanza.

    Gesù entra nel tempio e si prende possesso e alla guida di quello che è il vero Israele, il suo popolo, un popolo di ciechi, di storpi e di piccoli. In Galilea la sua predicazione aveva raccolto intorno a lui folle fatte così. Ecco di chi è re! Ecco che re è!

     

    Certo che pensare che il popolo che Gesù è venuto a costituire, come il popolo di cui lui è sovrano, come i rappresentanti del Regno che lui è venuta ad annunciare, sia fatto così, è qualche cosa che, mentre lo ascoltiamo, non può non metterci in crisi; non può non metterci in difficoltà.

    A me fa specie in questi giorni, in cui ci capita di riconoscerci con grande facilità in chi domanda dal Signore una guarigione; in chi si rivolge a Lui con voce bambina e fragile, pensare che questo è il tempo del suo abbandono, come se lui si fosse ritratto, per lasciare una prova e vedere che fede sorge in un tempo così!

    Il racconto di oggi ci annuncia, invece, una prossimità più intensa del Signore, in un tempo come quello che viviamo. Ed una presenza intensa proprio al capezzale, di chi si riconosce in questi.

    E diventa difficile non vedere in tutti coloro che si stanno prodigando, con senso di responsabilità, con verità, con competenza, con capacità, con grande attenzione e rispetto della vita delle persone; ecco è davvero difficile non vedere in queste persone, che a vario titolo e in varie modalità, con varie risorse, ma che stanno facendo tutto questo, un segno reale del Regno di Dio all'opera. È davvero difficile!

    Il Vangelo ci chiede di riconoscere che lì c'è una presenza operante a favore del bene dell'uomo e della sua salvezza, in varie modalità.

    E certamente un Cristo così, re così, sovrano in questo modo, di un popolo così, ci chiederà di entrare dentro la settimana santa anche con un altro sguardo, con un'altra prospettiva. Entreremo nei misteri santi abilitati a riconoscere quell'agire di cura e di attenzione, di vicinanza, di prossimità, di servizio, come la vera sovranità di Dio all'opera.

     

    Lo chiediamo davvero, lo chiediamo per noi, lo chiediamo per questo tempo che stiamo vivendo.

     

     

     

  • 29/03/2020   Marzo

    IO CREDO - QUINTA SETTIMANA

    Credo nella VITA ETERNA

    - V domenica di Quaresima -

    La vita è per definizione legata a ciò che si vive, alle esperienze che facciamo… una vita eterna
    è un continuo ripetere le cose che abbiamo fatto?
    No, è un professare che la morte non è la fine di tutto!
    Credere nella vita “eterna” non richiama solo alla dimensione del vivere ma alla pienezza della
    partecipazione della vita dell’Eterno! Apre la nostra fede ad un incontro, ad una relazione. Noi
    andiamo da Qualcuno!
    Già Gesù diceva ai discepoli: questa è la vita eterna, che conoscano Te, Padre.
    Sarà vita con l’Eterno, un continuo e permanente “adesso” dell’incontro con l’Amore che Dio
    ha per noi.
    Credere nella vita eterna è sperare, ossia vivere nell’attesa operosa e fiduciosa dell’avvenire,
    mantenendo vivo il desiderio di vedere il Volto di Dio.
    Credere la vita eterna significa riconoscere che essa per un puro dono di Dio è accessibile “già”
    adesso ma che la sua pienezza sarà nell’incontro con Lui. Per questo viviamo coltivando lo
    stupore e la gratitudine per il grande amore da cui siamo circondati, nel creato, negli uomini,
    negli avvenimenti di ogni giorno.

    Ormai vicini alla Pasqua del Signore, ci chiediamo: “Cosa può
    mancare al nostro mondo?” Una bussola che guida e orienta il nostro
    agire; la via da percorrere la si trova soltanto lasciandosi guidare dal
    Vangelo, bussola di ogni cristiano.

    PREGHIERA

    Ti prego, Padre, mio Signore,
    ti ho visto in Gesù, tuo Figlio,
    ho accolto il tuo Spirito.
    Prima ti salutavo soltanto,
    ora ho imparato a pregarti.
    Sono una pianta che porterà frutto,
    sono una scintilla che porterà fuoco,
    sono un sentiero che raggiunge la vetta,
    sono una pagina bianca ancora da scrivere.
    Se la mia vita fosse un libro,
    tu, Dio, saresti l’autore.
    Tu hai dettato la mia storia 
    Per questo ti dico: Grazie, MI FIDO DI TE 

  • 19/03/2020   Marzo

    IO CREDO - QUARTA SETTIMANA

    Credo nella Santa Chiesa Cattolica

    - IV domenica di Quaresima-

     CREDO LA CHIESA

    La Chiesa è il popolo che Dio raduna nel mondo intero. Essa vive della Parola e del Corpo di Cristo
    divenendo essa stessa corpo vivente di Gesù per il mondo.
    “Credo la Chiesa” significa: credo che il mistero di Dio si è manifestato nel mondo mediante quella storia di
    rapporti che si è compiuta nella persona e nella vicenda di Gesù.
    Lo Spirito è la sorgente della santità della Chiesa: la raduna, la plasma, la sostiene nella sua continua
    missione di dire Gesù al mondo.
    Per mezzo dello Spirito si riforma quella prima Chiesa, comunità di credenti, che si era formata attorno a
    Gesù e nella celebrazione dei sacramenti e nelle opere di carità si ritorna a quell’oggi in cui Gesù operava in
    mezzo al popolo.
    La nostra unità non è primariamente frutto del nostro consenso o del nostro sforzo di andare d’accordo, ma
    viene dallo Spirito che fa unità nella diversità, perché lo Spirito è armonia, in tanta diversità di culture, di
    lingue e di pensiero.
    Credere nella santità della Chiesa significa vedere in essa l’opera dello Spirito che continua a mantenere
    vivo e operante in mezzo all’umanità l’Amore di Dio che vuole portare tutti alla salvezza. Per questo la
    Chiesa è detta “cattolica”, cioè aperta all’universalità delle genti e nulla di ciò che è veramente umano le è
    estraneo. La sua apertura le fa accogliere il grido di ogni uomo che cerca dignità e salvezza avvicinandolo a
    Gesù Cristo unico salvatore e redentore.
    Oggi Gesù è qui, presente e vivo, nella chiesa. E’ con noi! Attraverso la vita della comunità tocchiamo e
    siamo toccati dalla mano di Dio.

    Essere Chiesa ed essere comunità saranno il centro di questa settimana. La Chiesa, come luogo di accoglienza, e le persone, spirito
    vitale della comunità e sale della terra. Sentiamoci uniti nella fede,
    nonostante la nostra lontananza fisica.

    Tanti i volti, una la pace;
    tanti i cuori, uno solo l’amore;
    tante le persone, una la comunità.
    Tu, Signore, ci raduni, Tu ci unisci.
    Tu ci vuoi uno, come il pane.
    Tante le idee, una la verità;
    tante le preghiere, uno lo spirito;
    tante le parole, una la comunità.
    Tu, Signore, ci raduni,
    Tu ci unisci, Tu ci vuoi uno.
    Un solo corpo, un solo spirito;
    una la speranza che tutti ci unisce.
    Una la vita, per chi ti ama.
    Tu, Signore, ci vuoi amici,
    anzi di più: ci vuoi fratelli.
    Siamo figli di un unico Padre.

     

  • 12/03/2020   Marzo

    IO CREDO - TERZA SETTIMANA

    TERZA SETTIMANA

    Credo nello Spirito Santo

    Lo Spirito è un dono di Dio, anzi è “Dio stesso che si dona”.
    E’ luce che rimanda alla vita di Gesù e plasma in tutti gli uomini l’immagine di Gesù stesso.
    Grazie allo Spirito noi diventiamo partecipi della natura divina e tempio di Dio, condividiamo
    quell’intimo e misterioso rapporto che Gesù vive col Padre.
    Lo Spirito è il“noi” di Padre e Figlio raccontato a tutta l’umanità: lo Spirito grida in noi come anelito
    al Padre (Abbà) e come soffio vitale che ci fa cercare Gesù vivo e presente, Signore e maestro
    della nostra vita.
    Lo Spirito Santo è il respiro di Dio che ci infonde coraggio, consolazione e forza. Professare la
    nostra fede nello Spirito Santo significa credere che Dio mediante lo Spirito ci “divinizza”, ci rende
    capaci di vivere in santità.
    Proprio perché costantemente animati dallo Spirito noi siamo figli e siamo attratti al cuore del
    Padre come dimora che custodisce la verità della nostra vita.

    PREGHIERA

    Come gli Apostoli, anche noi siamo investiti di un grande dono: lo
    Spirito Santo che travolge, toglie le paure e invita ad una missione.
    Facciamo allora memoria dei doni dello Spirito che abbiamo ricevuto o
    che riceveremo, così che tutti noi possiamo annunciare la Parola al
    mondo con l’animo ardente del fuoco dello Spirito. Mettiamo nel
    nostro mondo il fuoco che risveglia la passione e accende gli animi

    ----- Colora la scritta “SPIRITO SANTO” e le immagini, poi incollale sul mondo-----
    ---

    Quando siamo riuniti nel Tuo nome
    Un vento soffia su di noi;
    è il Tuo Spirito.
    Quando preghiamo
    Un fuoco scende su di noi;
    è il Tuo Spirito.
    Se fossimo nel deserto,
    Tu saresti l’acqua.

    Se fossimo perduti,
    Tu saresti la strada.
    Tu sei lo Spirito che ci unisce,
    lo Spirito che ci guida,
    lo Spirito che ci protegge,
    lo Spirito che ci dà forza.
    Scendi su di noi,
    Spirito Santo

  • 10/03/2020   Marzo

    IO CREDO - SECONDA SETTIMANA

    SECONDA SETTIMANA:

    Credo in Gesù Cristo Salvatore

    Credo in Gesù … che è all’origine della nostra fede. Con Gesù, Dio ci manifesta che non è
    indifferente al nostro destino umano ma vuole entrarvi in pienezza portando consolazione e
    salvezza.
    Gesù è il Cristo, il Messia, in Lui si compie veramente l’alleanza tra Dio e l’umanità. Professare la
    nostra fede in lui significa accogliere la vita come chiamata alla relazione, all’alleanza, con Dio,
    passando attraverso l’esempio di Gesù.
    Gesù è Figlio Unigenito di Dio, cioè, è della stessa “sostanza” del Padre.: significa che Dio ha voluto
    condividere la nostra umanità, per dirci che ha cura di noi, per indicarci la strada della vita e
    insegnarci ad essere uomini.
    Gesù è concepito di Spirito santo. In Gesù ritroviamo l’impronta personale di Dio che plasma
    l’uomo a sua immagine. La vocazione della nostra vita diventa quella di seguire e imitare Gesù
    perché anche in noi, come in lui, agisca e operi in pienezza lo Spirito santo.
    Gesù patì, morì fu sepolto e risuscitò da morte. La morte di Gesù non è solo una triste vicenda
    storica ma è lo strumento perché in essa si compia la salvezza della nostra umanità. Ci rivela che
    c’è un oltre ai nostri limiti e al nostro peccato.
    La sua vicenda storica, la sua morte e risurrezione sono la rivelazione piena del Mistero di Dio:
    colui che Ama fino alla fine! Fino al pieno compimento dell’amore.
    La sua morte e risurrezione ci ricordano che questo è il destino di ogni uomo: in noi non c’è nulla
    che non possa essere raggiunto e trasformato dalla salvezza operata da Cristo.

    Preghiera

    Dio ha donato al mondo Suo figlio Gesù,

    è nato da Maria;

    è sceso sulla terra come un bambino,

    è cresciuto in mezzo agli uomini.

    Dio del cielo è venuto sulla terra;

    si è fatto un vestito di carne,

    si è ricoperto di un corpo.

    Che mistero, Dio!

    Tu sei diventato un uomo come noi!

    Io credo in tutto ciò;

    credo in Gesù che è figlio di Dio.

    CROCE.jpg
  • 10/03/2020   Marzo

    IO CREDO - PRIMA SETTIMANA

    PRIMA SETTIMANA:

    Credo in Dio Padre, Creatore del cielo e della Terra

    "Io credo in Dio".

    È questa è l’affermazione più importante della nostra fede, perché tutto il Simbolo parla di Dio. Oggi sembra proprio difficile credere in Dio: da una parte desideriamo avere un Dio che ci protegga e a cui rivolgerci… ma dall’altra viviamo come se non esistesse e ci fidiamo solo di noi stessi. Credere in Dio significa scoprire con immenso stupore che Dio stesso ci invita ad entrare in una relazione viva e vera con Lui. Io Credo, non è una preghiera, ma una professione di fede. Vuol dire dichiarare davanti a tutti quali sono i pilastri della nostra vita.

    La prima cosa che diciamo è che Dio è Padre! E’ un Dio che si prende cura di un popolo come un Padre verso il figlio ed è disposto a tutto per noi.

    Diciamo poi che Dio è Onnipotente! Significa che nulla potrà mai separarci dall’Amore di Dio. Onnipotente non vuol dire che Dio può fare tutto quello che vuole ma che non subisce le vicende della vita, anzi orienta e garantisce a tutti in ogni momento la possibilità della salvezza.

    Dio è Creatore del Cielo e della terra. Con questo affermiamo che tutto ha avuto inizio da Lui: la vita dell’uomo e il creato. Credere in Dio Padre Onnipotente Creatore ci dice che l’universo ha un centro che è Dio e non il nostro “io”. Perché Lui c’è … noi possiamo essere! 

     

    Preghiera 

    Laudato si, Signore mio,

    perché ci ha creato e redento,

    Tu Padre di immensa tenerezza e bontà.

    Laudato si, Signore mio,

    per il dono del creato che hai affidato alla nostra custodia

    e messo nelle nostre mani,

    non sempre attente e premurose nel conservare i beni

    che ci hai lasciato per la nostra gioia e felicità.

    Laudato si, Signore mio

    per ogni cosa e per tutto quello 

    che guardiamo con i nostri occhi,

    gustiamo con il nostro palato,

    tocchiamo con le nostre mani,

    odoriamo con il nostro naso,

    ascoltiamo con le nostre orecchie,

    soprattutto se sei Tu Signore a parlare

    direttamente al nostro cuore,

    perché ci vuoi totalmente consacrati

    al tuo amore e alla tua lode.

    Amen. 

  • 06/03/2020   Marzo

    FESTA DELLA DONNA

    La Parrocchia di Civate, ripropone,
    una cena di beneficienza a favore della
    Cooperativa Kashao di don Herman

    DOMENICA 3 MAGGIO
    alle ore 19.00
    presso il bar
    dell’Oratorio

    costo euro 25,00

    prenotazione presso il bar dell’oratorio
    versando la caparra di euro 10,00
    entro mercoledi 29 APRILE 2020

  • 28/02/2020   Febbraio

    CREDO_QUARESIMA 2020

    IO CREDO

     

    PRIMA SETTIMANA:

    Credo in Dio Padre, Creatore del cielo e della Terra

    "Io credo in Dio".

    È questa è l’affermazione più importante della nostra fede, perché tutto il Simbolo parla di Dio. Oggi sembra proprio difficile credere in Dio: da una parte desideriamo avere un Dio che ci protegga e a cui rivolgerci… ma dall’altra viviamo come se non esistesse e ci fidiamo solo di noi stessi. Credere in Dio significa scoprire con immenso stupore che Dio stesso ci invita ad entrare in una relazione viva e vera con Lui. Io Credo, non è una preghiera, ma una professione di fede. Vuol dire dichiarare davanti a tutti quali sono i pilastri della nostra vita.

    La prima cosa che diciamo è che Dio è Padre! E’ un Dio che si prende cura di un popolo come un Padre verso il figlio ed è disposto a tutto per noi.

    Diciamo poi che Dio è Onnipotente! Significa che nulla potrà mai separarci dall’Amore di Dio. Onnipotente non vuol dire che Dio può fare tutto quello che vuole ma che non subisce le vicende della vita, anzi orienta e garantisce a tutti in ogni momento la possibilità della salvezza.

    Dio è Creatore del Cielo e della terra. Con questo affermiamo che tutto ha avuto inizio da Lui: la vita dell’uomo e il creato. Credere in Dio Padre Onnipotente Creatore ci dice che l’universo ha un centro che è Dio e non il nostro “io”. Perché Lui c’è … noi possiamo essere! 

     

    Preghiera 

    Laudato si, Signore mio,

    perché ci ha creato e redento,

    Tu Padre di immensa tenerezza e bontà.

    Laudato si, Signore mio,

    per il dono del creato che hai affidato alla nostra custodia

    e messo nelle nostre mani,

    non sempre attente e premurose nel conservare i beni

    che ci hai lasciato per la nostra gioia e felicità.

    Laudato si, Signore mio

    per ogni cosa e per tutto quello 

    che guardiamo con i nostri occhi,

    gustiamo con il nostro palato,

    tocchiamo con le nostre mani,

    odoriamo con il nostro naso,

    ascoltiamo con le nostre orecchie,

    soprattutto se sei Tu Signore a parlare

    direttamente al nostro cuore,

    perché ci vuoi totalmente consacrati

    al tuo amore e alla tua lode.

    Amen. 

     

    SECONDA SETTIMANA:

    Credo in Gesù Cristo Salvatore

    Credo in Gesù … che è all’origine della nostra fede. Con Gesù, Dio ci manifesta che non è
    indifferente al nostro destino umano ma vuole entrarvi in pienezza portando consolazione e
    salvezza.
    Gesù è il Cristo, il Messia, in Lui si compie veramente l’alleanza tra Dio e l’umanità. Professare la
    nostra fede in lui significa accogliere la vita come chiamata alla relazione, all’alleanza, con Dio,
    passando attraverso l’esempio di Gesù.
    Gesù è Figlio Unigenito di Dio, cioè, è della stessa “sostanza” del Padre.: significa che Dio ha voluto
    condividere la nostra umanità, per dirci che ha cura di noi, per indicarci la strada della vita e
    insegnarci ad essere uomini.
    Gesù è concepito di Spirito santo. In Gesù ritroviamo l’impronta personale di Dio che plasma
    l’uomo a sua immagine. La vocazione della nostra vita diventa quella di seguire e imitare Gesù
    perché anche in noi, come in lui, agisca e operi in pienezza lo Spirito santo.
    Gesù patì, morì fu sepolto e risuscitò da morte. La morte di Gesù non è solo una triste vicenda
    storica ma è lo strumento perché in essa si compia la salvezza della nostra umanità. Ci rivela che
    c’è un oltre ai nostri limiti e al nostro peccato.
    La sua vicenda storica, la sua morte e risurrezione sono la rivelazione piena del Mistero di Dio:
    colui che Ama fino alla fine! Fino al pieno compimento dell’amore.
    La sua morte e risurrezione ci ricordano che questo è il destino di ogni uomo: in noi non c’è nulla
    che non possa essere raggiunto e trasformato dalla salvezza operata da Cristo.

    Preghiera

    Dio ha donato al mondo Suo figlio Gesù,

    è nato da Maria;

    è sceso sulla terra come un bambino,

    è cresciuto in mezzo agli uomini.

    Dio del cielo è venuto sulla terra;

    si è fatto un vestito di carne,

    si è ricoperto di un corpo.

    Che mistero, Dio!

    Tu sei diventato un uomo come noi!

    Io credo in tutto ciò;

    credo in Gesù che è figlio di Dio.

    CROCE.jpg

     

    TERZA SETTIMANA

    Credo nello Spirito Santo

    Lo Spirito è un dono di Dio, anzi è “Dio stesso che si dona”.
    E’ luce che rimanda alla vita di Gesù e plasma in tutti gli uomini l’immagine di Gesù stesso.
    Grazie allo Spirito noi diventiamo partecipi della natura divina e tempio di Dio, condividiamo
    quell’intimo e misterioso rapporto che Gesù vive col Padre.
    Lo Spirito è il“noi” di Padre e Figlio raccontato a tutta l’umanità: lo Spirito grida in noi come anelito
    al Padre (Abbà) e come soffio vitale che ci fa cercare Gesù vivo e presente, Signore e maestro
    della nostra vita.
    Lo Spirito Santo è il respiro di Dio che ci infonde coraggio, consolazione e forza. Professare la
    nostra fede nello Spirito Santo significa credere che Dio mediante lo Spirito ci “divinizza”, ci rende
    capaci di vivere in santità.
    Proprio perché costantemente animati dallo Spirito noi siamo figli e siamo attratti al cuore del
    Padre come dimora che custodisce la verità della nostra vita.

    PREGHIERA

    Come gli Apostoli, anche noi siamo investiti di un grande dono: lo
    Spirito Santo che travolge, toglie le paure e invita ad una missione.
    Facciamo allora memoria dei doni dello Spirito che abbiamo ricevuto o
    che riceveremo, così che tutti noi possiamo annunciare la Parola al
    mondo con l’animo ardente del fuoco dello Spirito. Mettiamo nel
    nostro mondo il fuoco che risveglia la passione e accende gli animi

    ----- Colora la scritta “SPIRITO SANTO” e le immagini, poi incollale sul mondo-----
    ---

    Quando siamo riuniti nel Tuo nome
    Un vento soffia su di noi;
    è il Tuo Spirito.
    Quando preghiamo
    Un fuoco scende su di noi;
    è il Tuo Spirito.
    Se fossimo nel deserto,
    Tu saresti l’acqua.

    Se fossimo perduti,
    Tu saresti la strada.
    Tu sei lo Spirito che ci unisce,
    lo Spirito che ci guida,
    lo Spirito che ci protegge,
    lo Spirito che ci dà forza.
    Scendi su di noi,
    Spirito Santo

     

    QUARTA SETTIMANA

    CREDO NELLA SANTA CHIESA CATTOLICA

     

    CREDO LA CHIESA

    La Chiesa è il popolo che Dio raduna nel mondo intero. Essa vive della Parola e del Corpo di Cristo
    divenendo essa stessa corpo vivente di Gesù per il mondo.
    “Credo la Chiesa” significa: credo che il mistero di Dio si è manifestato nel mondo mediante quella storia di
    rapporti che si è compiuta nella persona e nella vicenda di Gesù.
    Lo Spirito è la sorgente della santità della Chiesa: la raduna, la plasma, la sostiene nella sua continua
    missione di dire Gesù al mondo.
    Per mezzo dello Spirito si riforma quella prima Chiesa, comunità di credenti, che si era formata attorno a
    Gesù e nella celebrazione dei sacramenti e nelle opere di carità si ritorna a quell’oggi in cui Gesù operava in
    mezzo al popolo.
    La nostra unità non è primariamente frutto del nostro consenso o del nostro sforzo di andare d’accordo, ma
    viene dallo Spirito che fa unità nella diversità, perché lo Spirito è armonia, in tanta diversità di culture, di
    lingue e di pensiero.
    Credere nella santità della Chiesa significa vedere in essa l’opera dello Spirito che continua a mantenere
    vivo e operante in mezzo all’umanità l’Amore di Dio che vuole portare tutti alla salvezza. Per questo la
    Chiesa è detta “cattolica”, cioè aperta all’universalità delle genti e nulla di ciò che è veramente umano le è
    estraneo. La sua apertura le fa accogliere il grido di ogni uomo che cerca dignità e salvezza avvicinandolo a
    Gesù Cristo unico salvatore e redentore.
    Oggi Gesù è qui, presente e vivo, nella chiesa. E’ con noi! Attraverso la vita della comunità tocchiamo e
    siamo toccati dalla mano di Dio.

    Essere Chiesa ed essere comunità saranno il centro di questa settimana. La Chiesa, come luogo di accoglienza, e le persone, spirito
    vitale della comunità e sale della terra. Sentiamoci uniti nella fede,
    nonostante la nostra lontananza fisica.

    Tanti i volti, una la pace;
    tanti i cuori, uno solo l’amore;
    tante le persone, una la comunità.
    Tu, Signore, ci raduni, Tu ci unisci.
    Tu ci vuoi uno, come il pane.
    Tante le idee, una la verità;
    tante le preghiere, uno lo spirito;
    tante le parole, una la comunità.
    Tu, Signore, ci raduni,
    Tu ci unisci, Tu ci vuoi uno.
    Un solo corpo, un solo spirito;
    una la speranza che tutti ci unisce.
    Una la vita, per chi ti ama.
    Tu, Signore, ci vuoi amici,
    anzi di più: ci vuoi fratelli.
    Siamo figli di un unico Padre.

    QUINTA SETTIMANA

    CREDO NELLA VITA ETERNA

    La vita è per definizione legata a ciò che si vive, alle esperienze che facciamo… una vita eterna
    è un continuo ripetere le cose che abbiamo fatto?
    No, è un professare che la morte non è la fine di tutto!
    Credere nella vita “eterna” non richiama solo alla dimensione del vivere ma alla pienezza della
    partecipazione della vita dell’Eterno! Apre la nostra fede ad un incontro, ad una relazione. Noi
    andiamo da Qualcuno!
    Già Gesù diceva ai discepoli: questa è la vita eterna, che conoscano Te, Padre.
    Sarà vita con l’Eterno, un continuo e permanente “adesso” dell’incontro con l’Amore che Dio
    ha per noi.
    Credere nella vita eterna è sperare, ossia vivere nell’attesa operosa e fiduciosa dell’avvenire,
    mantenendo vivo il desiderio di vedere il Volto di Dio.
    Credere la vita eterna significa riconoscere che essa per un puro dono di Dio è accessibile “già”
    adesso ma che la sua pienezza sarà nell’incontro con Lui. Per questo viviamo coltivando lo
    stupore e la gratitudine per il grande amore da cui siamo circondati, nel creato, negli uomini,
    negli avvenimenti di ogni giorno.

    Ormai vicini alla Pasqua del Signore, ci chiediamo: “Cosa può
    mancare al nostro mondo?” Una bussola che guida e orienta il nostro
    agire; la via da percorrere la si trova soltanto lasciandosi guidare dal
    Vangelo, bussola di ogni cristiano.

    PREGHIERA

    Ti prego, Padre, mio Signore,
    ti ho visto in Gesù, tuo Figlio,
    ho accolto il tuo Spirito.
    Prima ti salutavo soltanto,
    ora ho imparato a pregarti.
    Sono una pianta che porterà frutto,
    sono una scintilla che porterà fuoco,
    sono un sentiero che raggiunge la vetta,
    sono una pagina bianca ancora da scrivere.
    Se la mia vita fosse un libro,
    tu, Dio, saresti l’autore.
    Tu hai dettato la mia storia 
    Per questo ti dico: Grazie, MI FIDO DI TE