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Gesù condannato a morte

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Sac: Ti adoriamo, o Cristo, e ti benediciamo

Tutti: perché con la tua santa croce hai redento il mondo.

1° Lett. Dal Vangelo secondo Luca

Pilato parlò loro di nuovo, perché voleva rimettere in libertà Gesù. Ma essi urlavano: «Crocifiggilo, crocifiggilo!››. Ed egli, per la terza volta, disse loro: «Ma che male ha fatto costui? Non ho trovato nulla in lui che meriti la morte. Dunque lo punirò e poi lo rilascerò». Ma essi insistevano a gran voce, chiedendo che venisse crocifisso; e le loro grida crescevano. Pilato allora, decise che la loro richiesta fosse eseguita. Rimise in libertà colui che era stato messo in carcere per rivolta e omicidio e che essi richiedevano e consegnò Gesù al loro volere. (Lc 23, 20-25)

2° Lett. Meditazione

Un Pilato impaurito che non cerca la verità, il dito puntato di accusa ed il grido crescente della folla inferocita sono i primi passi del morire di Gesù. Innocente, come un agnello, il cui sangue salva il suo popolo. Quel Gesù che `e passato tra noi, sanando e benedicendo, ora viene condannato alla pena capitale. Nessuna parola di gratitudine dalla folla, che sceglie invece Barabba. Per Pilato, diventa un caso imbarazzante. Lo scarica alla folla e se ne lava le mani, tutto attaccato al suo potere. Lo consegna, perché sia crocifisso. Non vuole più sapere nulla di lui. Per lui, il caso è chiuso! La condanna sbrigativa di Gesù raccoglie cosi le facili accuse, i giudizi superficiali tra la gente, le insinuazioni ed i preconcetti che chiudono il cuore e si fanno cultura razzista, di esclusione e di “scarto”, con le lettere anonime e le orribili calunnie. Accusati, si è subito sbattuti in prima pagina; scagionati, si finisce in ultima! E noi? Sapremo avere una coscienza retta e responsabile, trasparente, che non volga mai le spalle all’innocente, ma si schieri, con coraggio, in difesa dei deboli, resistendo all’ingiustizia e difendendo ovunque la verità violata?

Testimonianza dal mensile “Vita”.

“Stanotte ho sognato Gesù bambino. Mi ha detto che voi dovete morire”. Così l’ammiraglio Emilio Massera, iscritto alla P2 di Licio Gelli e uomo forte della giunta militare durante la dittatura argentina, mandava a morire gruppi di prigionieri eccedenti dell’Esma, la scuola superiore della Marina militare nel centro di Buenos Aires, trasformata in un campo clandestino di sterminio per gli oppositori del regime. I “voli speciali” erano settimanali. I detenuti scelti aspettavano nei sotterranei per circa 24 ore, incappucciati e incatenati, poi il silenzio veniva rotto dal rumore dei motori. Venivano caricati sugli aerei, inebetiti da iniezioni di Pentotal e gettati nel vuoto. I corpi finivano in mare aperto o nel Rio de la Plata. Accadeva sul finire degli anni ‘70. Le vittime dei voli sono state circa 4.000. La confessione del capitano di corvetta, Francisco Scillingo, contenuta nel libro intervista del giornalista Horacio Verbitsky, ormai è di pubblico dominio. Nonostante la legge dell’obbedienza dovuta, promulgata dal primo presidente civile, Raul Alfonsin, né quella del “punto finale” varata dal presidente, Carlos Menem, abbiano assolto con un colpo di spugna i 1.300 militari responsabili della scomparsa di 30 mila argentini, le madri e le nonne di Plaza Mayo non si arrendono, anzi non dimenticano. Così, ogni giovedì, da quarant’anni, scendono in piazza per ricordare e per chiedere giustizia. Un’altra forma di protesta avviata di recente è quella di segnalare con cartelli le abitazioni dei militari avvertendo così i vicini della presenza dei torturatori. Due anni fa, durante l’anniversario del golpe, c’è stato il battesimo dei figli degli scomparsi. Qualcuno di loro ha sentito la necessità di avvicinarsi alle madri per indagare sul proprio passato, la stampa ha fatto da cassa di risonanza e ora si sta assistendo, per la prima volta, all’incontro dei figli degli scomparsi, in cerca della propria identità. Alcuni sono nati in cattività durante il sequestro, altri sono stati adottati dai carnefici dei loro genitori e solo da poco hanno saputo la verità. Dei 500 figli dei desaparecidos, ne sono stati recuperati solo 60: perciò le madri hanno costituto una banca di Dna per permettere ai figli degli scomparsi di scoprire la verità. Questi ragazzi, che oggi hanno 20 anni, sono il ricambio della memoria vitale per le madri e le nonne di Plaza de Mayo, loro rappresentano la speranza che un giorno la verità arriverà. E forse allora verrà anche il perdono.

Le parole di papa Francesco

“Cara Annamaria, in questi giorni in cui si ricorda il 30 aprile del ‘77, anniversario della fondazione delle “Madri” (di Plaza de Mayo), quando le madri si sono organizzate, mi ricordo tanto di tua mamma, che lavorò tanto, che fu una lottatrice e insieme a lei tante donne che lottarono per la giustizia, sia perché avevano perso i loro figli o semplicemente donne madri che, vedendo il dramma di tanti figli scomparsi, si sono aggregate per lottare anche per questo. Sono sicuro che, oltre al loro riconoscimento universale, Dio ce le ha nel suo cuore. Sono lottatrici, lottarono per la giustizia e ci hanno insegnato la strada che bisogna percorrere per andare avanti. Mi rallegra il fatto che tu segua i passi di tua madre e che li faccia conoscere agli altri nel tuo programma radiofonico. Cosicché oggi, in modo speciale, prego per le Madri, prego per te, prego per tua madre Ester e prego per tutti gli uomini e le donne di buona volontà che vogliono portare avanti un progetto di giustizia e di fratellanza insieme”.

Preghiamo insieme

Signore Gesù, ci sono mani che sostengono

e ci sono mani che firmano ingiuste condanne.

Fa che, sostenuti dalla tua grazia, non scartiamo nessuno.

Difendici dalle calunnie e dalla menzogna.

Aiutaci a cercare sempre la verità, e a stare dalla parte dei deboli,

capaci di accompagnare il loro cammino.

E dona la tua luce a chi deve, per missione, giudicare in tribunale,

perché emetta sempre sentenze giuste e vere.

Amen.

 

 

Gesù prende la croce

 

Guida: Ti adoriamo, o Cristo, e ti benediciamo

Tutti: perché con la tua santa croce hai redento il mondo.

1° Lett. Dal Vangelo secondo Giovanni

Era la Parasceve della Pasqua, verso mezzogiorno, Pilato disse ai Giudei: «Ecco il vostro re!». Ma quelli gridarono: «Via! Via! Crocifiggilo!››. Disse loro Pilato: «Metterò in croce il vostro re?››. Risposero i capi dei sacerdoti: «Non abbiamo altro re che Cesare». Allora lo consegnò loro perché fosse crocifisso. Essi presero Gesù ed egli, portando la croce, si avviò verso il luogo detto del Cranio, in ebraico Gòlgota, dove lo crocifissero e con lui altri due, uno da una parte e l’altro dall’altra, e Gesù in mezzo. Pilato compose anche l’iscrizione e la fece porre sulla croce; vi era scritto: «Gesù il Nazareno, il re dei Giudei». (Gv 19, 14-19)

2° Lett. Meditazione

Gli sposi cristiani sono un richiamo permanente per la Chiesa di ciò che e accaduto sulla croce. Essi partecipano e sono chiamati a vivere la carità stessa di Cristo che si dona fino alla morte. «Come Io vi ho amato» (Gv 13,34): è questa la misura del vero amore. Seguendo Gesù, rinnegando se stessi, prendendo su di loro la propria croce, gli sposi potranno capire il senso originale del matrimonio e viverlo in pienezza con l’aiuto di Cristo. Ciò richiede una «virtù fuori dal comune», ed è per questo che «i coniugi, resi forti dalla grazia per una vita santa, coltiveranno la fermezza dell’amore, la grandezza d’animo e lo spirito di sacrificio impetrandolo con la preghiera». «Tutto posso in colui che mi dà la forza» (Fil 4,13).

Preghiamo insieme

Aiutaci, Gesù, a non fuggire il sacrificio,

le responsabilità e le sofferenze del nostro matrimonio.

Insegnaci ad accettare e ad amare le nostre croci

senza lasciarci prendere dalla stanchezza e dall’egoismo

Aiutaci a vedere nelle nostre croci un modo per condividere la tua croce

e per amarti più intimamente.

Donaci forza e coraggio

quando dentro di noi l’uomo vecchio si ribella.

Non ci abbandonarci

quando la nostra carne e il nostro cuore,

flagellati e crocifissi, gridano a te

come terra riarsa, arida, senz’acqua.

Facci comprendere come ogni amore vero

passa attraverso la sofferenza,

e che la sofferenza quotidiana accolta,

sopportata con pazienza, valorizzata e offerta,

costituisce il vero culto dovuto a te.

Amen