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Così fu sera, poi fu mattina….
e sono 50 anni (1972-2022)

Illuminato dallo Spirito Santo rendo grazie a Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, per questo immeritato dono del sacerdozio nella Chiesa Cattolica e per questo ricco cammino umano, spirituale e pastorale pieno di doni, di consolazioni, di impegni e di fatiche.
Ringrazio anche per l’educazione ricevuta in famiglia, il papà Giovanni, la mamma Bambina e la zia Pina; e per la formazione maturata nella parrocchia e nell’oratorio di Civate, nell’ Azione Cattolica Diocesana, nella scuola, nel Seminario e nell’università.
Ho sempre avuto dagli arcivescovi card. Colombo, Martini, Tettamanzi, Scola e Delpini incarichi pastorali non immediatamente parrocchiali: Il Seminario Diocesano (17 anni), la Curia Arcivescovile (15 anni) come Vicario Episcopale di settore con
particolare attenzione all’educazione, alla scuola e ai collegi arcivescovili, Vicario Episcopale per la Zona Pastorale di Rho (7 anni) con 160 parrocchie, poi è suonato un campanello d’allarme per la salute; ora al Santuario della Beata Vergine della Vittoria in Lecco.
Di volta in volta gli Arcivescovi hanno però provveduto ad una
forma di “compensazione parrocchiale”, chiedendomi di collaborare con qualche Oratorio vicino
al Seminario e poi consentendomi di affiancare mio fratello don Roberto, a Bellinzago Lombardo
prima e ora a Villa Vergano: sempre mi sono interessato di oratorio, di giovani e di famiglie.
Guidato dal luminoso e intelligente magistero di Papa Paolo VI che accompagnava la Chiesa nel
muovere i primi passi sulle impegnative riforme volute dal Concilio Vaticano 2°, ho iniziato il mio
ministero nel 1972, con l’entusiasmo nel cuore, ma nel pieno della contestazione giovanile (“noi siamo realisti chiediamo
l’impossibile”: era scritto a titoli cubitali all’ ingresso dell’Università di Roma); contestualmente la Fede soffriva di un complesso
di inferiorità rispetto alla Scienza e la legge che disciplina i casi
di scioglimento del Matrimonio (divorzio), approvata nel 1970, incominciava a minare le solide basi del Matrimonio e della Famiglia.
La formazione seminaristica mi aveva attrezzato per incontrare e accompagnare una gioventù propositiva, gagliarda e, a volte,
aggressiva; mi aveva educato a non rinunciare mai alla Fede nel nome della presunta superiorità della Scienza e mi aveva convinto
a non venir meno alla consegna del Vangelo di Gesù “fate questo in memoria di me”…. fino a comprendere l’indissolubilità del
Matrimonio, il valore educativo e sociale della Famiglia e della scuola e la vocazione dei laici all’impegno socio-politico.
Mi ritrovo 50 anni dopo a misurarmi con una gioventù accomodante e accomodata nei “like” e
nei “selfie” e sempre alla ricerca di nuove emozioni, a confrontarmi con una Scienza “ridimensionata” nelle sue presunzioni dalla
estenuante esperienza del Covid e con un istituto Familiare e Matrimoniale svuotato dal di dentro, portando la rappresentazione di
questi concetti ( famiglia e matrimonio) a dimensioni sempre più private e a disposizione dell’individuo, che può disporre di questi
beni a proprio uso e consumo, propiziando così, da un lato, la cronica disaffezione dei giovani a scegliere il Matrimonio come
realistico ideale di vita, per sempre; e suscitando dall’altro lato, nel cuore dei pastori, la custodia dell’ interrogativo di come
le famiglie cristiane possono testimoniare oggi nella gioia e nelle fatiche dell’amore coniugale, filiale, fraterno, la buona notizia del Vangelo di Gesù.
Oggi, la cassetta degli attrezzi che avevo preparato con cura in Seminario, non mi è immediatamente e sempre di aiuto e si
insinua la tentazione “congeda la folla” (Lc 9,12). Gesù invece desidera che “tutti mangino a sazietà” (Lc 9,17), perché il Suo
è un pane che nutrendoci educa a condividerlo e a non trattenerlo per sé; pertanto voglio ancora mettere a disposizione il poco
che ho e il poco che sono (considerata l’età e qualche problema serio di salute), perché il santo Popolo di Dio possa gustare di quel pane.
Dice bene papa Francesco “è in corso un profondo cambiamento d’epoca” che interessa le persone, le relazioni e le istituzioni
ecclesiali, sociali, economiche e politiche e chiede veramente una conversione delle pratiche e degli stili pastorali. Tutti abbiamo bisogno di convertire il nostro sguardo per riconoscere i sentieri che lo Spirito di Dio sta costruendo anche dentro le forti trasformazioni antropologiche,
culturali e sociali (economia indisciplinata e crescita delle diseguaglianze) che stiamo vivendo.
Cambiamento d’epoca che ha conosciuto un’improvvisa accelerazione e complicazione procurate dall’impegnativa e faticosa
stagione del Covid, appesantita, ora, dalla tragica e insensata sciagura della guerra sul suolo europeo.
All’alba dei 50 anni di ordinazione sacerdotale mi è chiesta una profonda trasformazione per continuare ad essere “pezzo
di pane” buono per qualcuno, per aiutarlo ad uscire dalla folla anonima e riconoscersi in una comunità; e mantenere vivi, efficienti ed efficaci gli interessi che ho sempre coltivati: l’educazione, ormai un terreno sempre più paludoso; la scuola, che segna il
passo con riforme attese da anni; la famiglia, esposta ad una cronica fragilità e la complessa realtà socio-politica, sempre più opacizzata e frammentata.
La formazione cristiana non è immediatamente ed esclusivamente riconducibile alla sola dottrina e
ai freddi precetti. Il prete-pastore-educatore a conclusione di un anno liturgico-pastorale deve
preoccuparsi di quanto “più di Vangelo” sta innervando la vita di quanti partecipano regolarmente la Messa domenicale, di
quanti costruiscono un cammino spirituale personale celebrando con frequenza il sacramento della Riconciliazione o condividendo il percorso di riflessione sulla Parola nei gruppi di ascolto; analoga attesa vale anche per gli operatori della Caritas che generosamente provvedono alle
molteplici richieste delle vecchie e nuove forme di povertà e per i generosi e inossidabili catechisti appassionati nell’introdurre le
nuove generazioni nella vita di fede e della preghiera. L’attenzione prevalente del pastore è rivolta primariamente a ciò che deve
essere custodito e tramandato (passare di mano in mano) per la costruzione, l’edificazione e la
cura della comunità ecclesiale e il suo essere radunata da Gesù, attorno a Gesù e al modo di Gesù.
Non basta l’uso del personal computer, del tablet e dello smartphone; non basta vivere “in rete” o “connessi”, bisogna
vedere fino a che punto la nostra comunicazione, arricchita dall’ambiente digitale, effettivamente contribuisce alla costruzione della cultura dell’incontro.
Devo imparare, ora, una nuova grammatica come “password” per accedere al cuore e alla coscienza dei ragazzi, dei giovani e
degli adulti di oggi “tutti figli di Abramo”, a cui deve giungere la parola serena e rassicurante del
Vangelo di Gesù e la proposta affascinante di camminare insieme, responsabilmente, nella comunità della Chiesa Cattolica
a complessivo beneficio della comunità civile.
La nostra Madonna Addolorata che invochiamo a mia e nostra protezione in questi giorni di festa comunitaria, arricchisca i
giovani e le ragazze della nostra comunità parrocchiale del dono prezioso di vocazioni sacerdotali, di consacrazioni religiose, di
scelte matrimoniali e di qualche decisione per l’impegno socio-politico: insieme preghiamo Gesù, il nostro maestro interiore,
perché gli Adolescenti e i Giovani possano sempre essere sensibili e pronti nell’accogliere la voce
dello Spirito Santo che li abilita serenamente e responsabilmente ad impegnarsi per la edificazione
della Chiesa e della casa comune italiana ed europea.
Ringrazio don Gianni per tutte le attenzioni che ha verso la nostra Parrocchia di Civate; saluto
i miei parenti e voi tutti per la vostra cordiale amicizia e vi ricordo con le vostre famiglie,
con gli anziani, gli ammalati e i bambini nella celebrazione di questa S. Messa della nostra festa patronale. Con tanta amicizia e riconoscenza.