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STOLTI E LENTI DI CUORE
Il senso della scrittura o l’esperienza del senso

È Lui l’unico accesso vero a quelle parole. Tutto parla
di Lui e in vista di Lui.
Questo è ciò che non riusciamo a capire nel nostro
approccio alla Bibbia. Si possono leggere quelle pagine solo se accompagnati da una relazione con Lui,
fosse anche solo in forma di inquietudine.
Il problema fondamentale è avere la capacità di
accorgerci che non ci troviamo, davanti a una serie
di informazioni, ma davanti a una profezia. La profezia non è predire il futuro, ma guardare il futuro
che è dentro il presente. Cioè la profezia non ci racconta gli avvenimenti, ma quel significato degli avvenimenti che è più grande degli avvenimenti stessi.
La profezia parla dei campi di grano quando davanti
ne ha solo un chicco. Quei campi sono contenuti già
in quel chicco in forma di profezia. È un fatto reale,
non simbolico. In questo senso riguarda il futuro.
È il dramma dei discepoli di Emmaus, ma è anche il
dramma di ciascuno di noi. Noi siamo inginocchiati
davanti alla storia come si è inginocchiati davanti al
latte versato. Abbiamo la convinzione che ciò che è irreversibile è solo un cadavere da
seppellire, e non certo qualcosa da capire.
Basta rimanere fedeli al seme per accorgersi che ciò che definiamo “marcire” in realtà è un germogliare.
Quella superficialità che Gesù sancisce con «stolti e tardi di cuore nel credere alla parola dei profeti», e esattamente il nodo cruciale dei discepoli di Emmaus, che sono
davanti agli eventi ma non sanno legarli in maniera profetica. Non sanno mettere in
relazione tra di loro le cose vissute con se stessi e con il senso profondo di se stessi.
Vivono ma non ne comprendono il significato.

Cristo è Colui che lega in maniera profetica gli avvenimenti con il senso delle Scritture.
La Bibbia è profezia di ogni uomo. Essa parla di te come un campo di grano quando sei
ancora un chicco che non vuole morire.
«Non bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?».
Quella sofferenza diventa, quindi, un bisogno stesso della gloria.
Quel fallimento del seme che muore è esigenza stessa della bellezza dei campi di grano che da lì nasceranno. Nessuno di noi può vivere a lungo senza legare in maniera
profetica la propria vita con il Senso profondo sotteso ad essa.
Da soli riusciamo a cogliere solo le contraddizioni, le assurdità, il vuoto della vita. Siamo troppo coinvolti per vedere oltre. Abbiamo sempre bisogno di essere letti da qualcun altro.
Gli amici, in fondo, sono coloro che ti raccontano te stesso, perché solo chi ti ama
riesce a mostrare la profezia che è in te. E’ Gesù che fa così. Racconta la sua storia, e
quel racconto illumina la storia dei due discepoli. Cristo è l’unico, Maestro, che non
si pone come uno che dispensa dottrina, ma come Colui che svela a questi due amici
che la vera sapienza è saper legare le cose insieme.
Siamo padroni solo delle nostre esperienze. Di quelle possiamo parlare. Quelle possiamo donare.
Sette note per Lui non sono sette suoni accostati, ma sinfonia. Non chiede ai discepoli
di suonare la stessa musica, ma svela loro il potenziale di suonare la loro storia, a partire dalle stesse sette note.