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Primo Giorno - Pasqua

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Preghiera iniziale dal salmo 105

Celebrate il Signore, perché è buono,
perché eterna è la sua misericordia.
2 Chi può narrare i prodigi del Signore,
far risuonare tutta la sua lode?
3 Beati coloro che agiscono con giustizia
e praticano il diritto in ogni tempo.
4 Ricordati di noi, Signore, per amore del tuo popolo,
visitaci con la tua salvezza,
5 perché vediamo la felicità dei tuoi eletti,
godiamo della gioia del tuo popolo,
ci gloriamo con la tua eredità.
6 Abbiamo peccato come i nostri padri,
abbiamo fatto il male, siamo stati empi.
 7 I nostri padri in Egitto
non compresero i tuoi prodigi,
non ricordarono tanti tuoi benefici
e si ribellarono presso il mare, presso il mar Rosso.
8 Ma Dio li salvò per il suo nome,per manifestare la sua potenza.
47 Salvaci, Signore Dio nostro,
e raccoglici di mezzo ai popoli,
perché proclamiamo il tuo santo nome
e ci gloriamo della tua lode.
48 Benedetto il Signore, Dio d'Israele
da sempre, per sempre.
Tutto il popolo dica: Amen.


Dal Vangelo di Luca

Ed ecco, in quello stesso giorno due di loro erano in cammino per un villaggio di nome Èmmaus, distante circa undici chilometri da Gerusalemme, e conversavano tra loro di tutto quello che era accaduto. Mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro. Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo. Ed egli disse loro: "Che cosa sono questi discorsi che state facendo tra voi lungo il cammino?". Si fermarono, col volto triste; uno di loro, di nome Clèopa, gli rispose: "Solo tu sei forestiero a Gerusalemme! Non sai ciò che vi è accaduto in questi giorni?". Domandò loro: "Che cosa?". Gli risposero: "Ciò che riguarda Gesù, il Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; come i capi dei sacerdoti e le nostre autorità lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e lo hanno crocifisso. Noi speravamo che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele; con tutto ciò, sono passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; si sono recate al mattino alla tomba e, non avendo trovato il suo corpo, sono venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. Alcuni dei nostri sono andati alla tomba e hanno trovato come avevano detto le donne, ma lui non l'hanno visto". Disse loro: "Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti! Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?". E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui. Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. Ma essi insistettero: "Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto". Egli entrò per rimanere con loro. Quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma egli sparì dalla loro vista. Ed essi dissero l'un l'altro: "Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?". Partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, i quali dicevano: "Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone!". Ed essi narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l'avevano riconosciuto nello spezzare il pane. (Lc 24, 13-35)

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Commento

Con il racconto cosiddetto "dei discepoli di Emmaus" Luca si distacca dalle tradizioni a cui attinge e che lo accomunano ai Vangeli di Marco e di Matteo. Assente da questi ultimi due, il brano che esaminiamo fa riferimento con tutta probabilità a una tradizione di carattere orale proveniente dagli
ambienti giudeo-cristiani legati alla comunità di Gerusalemme. Il racconto è originale rispetto ai «racconti di apparizione» più tipici, oltre che per la sua unicità nel contesto neotestamentario, soprattutto per il fatto che i due non vedono effettivamente il Risorto, ma solo un viandante che, sul punto di essere riconosciuto, sparisce. Questo dato, unito al fatto che i due discepoli non appartengono al gruppo dei Dodici e nemmeno delle donne, fa subito pensare che Luca intende raccontare qualcosa di differente rispetto all'esperienza della presenza del Risorto fatta dai primi testimoni. Il brano dei discepoli di Emmaus descrive, infatti, il vissuto dei testimoni di seconda generazione, coloro i quali non hanno avuto il privilegio del contatto diretto con la presenza fisica di Gesù Risorto, ma che ne hanno sperimentato la realtà attraverso altre modalità e in altri contesti rispetto a quelli ori-
ginali. Facendoci camminare coi due discepoli, Luca ci aiuta a penetrare le condizioni e le modalità di incontro con la Pasqua di Cristo per coloro che sono testimoni di seconda mano e dunque per i credenti di tutti i tempi. Il loro cammino esteriore - da Gerusalemme e ritorno - è un percorso interiore - dall'incredulità alla fede pasquale - che il lettore è invitato a percorrere insieme a loro.

Il racconto può essere facilmente suddiviso in cinque blocchi, che costituiscono cinque tappe del percorso esteriore e interiore compiuto dai due discepoli insieme al Risorto:
1. Via da Gerusalemme (13-16)
2. Un vangelo senza Pasqua (17-24)
3. La memoria guarita (25-27)
4. Il gesto del pane (28-31)
5. La nascita della fede pasquale (32-35)

 

Via da Gerusalemme (13-16)

Dopo aver richiamato l'attenzione del lettore con la formula che gli è propria («Ed ecco...») Luca si premura subito di porre l'episodio in continuità con il precedente, soprattutto dal punto di vista temporale: è lo stesso giorno del ritrovamento del sepolcro vuoto. Ci si prepara a qualcosa che avrà a che fare con ciò che le donne hanno raccontato e, per il discepolo di seconda mano che legge, con ciò che avviene la domenica nella comunità cristiana. Il sepolcro vuoto non è un'evidenza della resurrezione, solo un indizio; a coloro che non hanno potuto vederlo e che cercano dei segni della resurrezione Luca chiede di incamminarsi insieme ai due discepoli. Non si sa il motivo del viaggio e Emmaus è città di difficile localizzazione (forse la Ammaous citata in 1Mac 3, 40.57 e di cui parla Giuseppe Flavio, poi divenuta Nicopoli). Ma la storicità del dato non è certo il cuore del racconto e Luca non sembra curarsene troppo, anche se l'ipotesi riportata tra parentesi dà al cammino dei discepoli la suggestiva idea di "ritorno ai trionfi passati", quasi che abbiano cercato in Gesù il vincitore potente e, una volta disillusi, continuino la loro ricerca comunque il viaggio, in questa prospettiva, sembrerebbe un ritorno al passato glorioso, via dal presente di sconfitta. Il loro chiacchierare è descritto con tre espressioni differenti: «omilein», che significa «conversare, parlare l'un l'altro», coniugato all'imperfetto suggerisce una lunga discussione; «suzetein», cioè «cercare insieme» indica il desiderio di comprendere e la resistenza ad arrendersi del tutto; «antiballein» mostra che c'era divergenza di opinioni fino allo scontro. La direzione del viaggio ha il sapore evidente di una presa di distanza da «tutto quello che era accaduto». Il Risorto si fa vicino di sua iniziativa e li affianca senza essere riconosciuto. Non sarà lui a dover cambiare volto ma essi a cambiare sguardo. Finora hanno guardato alla vicenda di Gesù senza avere ancora visto chi fosse davvero, ora saranno condotti a vedere.

 

Un vangelo senza Pasqua (17-24)

Il viandante/Risorto interviene direttamente nel discorso senza troppi convenevoli: è esattamente la visione dei due a stargli a cuore, vuole che dicano, raccontino, interpretino. È il modo in cui loro hanno rielaborato i fatti a interessargli, quel punto di vista che mostri con chiarezza in quale situazione interiore si trovano. La reazione sorpresa e la tristezza del volto ci fanno entrare nell'animo dei due dando colore alla loro cecità nei confronti del Risorto e anche al loro discutere: l'incapacità a riconoscerlo ha senza dubbio la caratteristica di un sapere acquisito e i toni di una fiducia tradita. Loro sanno, possiedono la materia, conoscono i particolari, riescono a collocarla. Dalle loro parole emerge effettivamente una conoscenza della vicenda di Gesù, accompagnata anche da una buona lettura dei fatti (Lo riconoscono come profeta, uomo di Dio e attribuiscono la morte di Croce alle autorità del popolo): un racconto dettagliato che non trascura alcuno degli elementi fondamentali, praticamente un "sommario evangelico". Al quale però manca la Pasqua. Se è vero che sanno e sono convinti di sapere, è altrettanto vero che non hanno compreso davvero il senso dei fatti e la portata del mistero di Cristo. La sintesi con l'annuncio della resurrezione non avviene. Questo li rimette continuamente in ricer-
ca. Nella loro "sapienza" i conti alla fine non tornano e il loro lungo, insistito, ripetuto e controverso discutere ci dà proprio l'idea di chi si dibatte tra il possesso di qualche certezza e la consapevolezza che manca qualcosa alla comprensione dei fatti.

 

La memoria guarita (25-27)

Il rimprovero del Risorto è violento e decisamente severo. La loro «lentezza di cuore» è assimilabile alla «durezza di cuore» della quale Gesù aveva rimproverato frequentemente i suo contemporanei e in particolar modo le autorità. La severità lascia intendere che effettivamente nelle Scritture avrebbero potuto e dovuto trovare tutto ciò che occorreva per interpretare correttamente l'epilogo dei fatti pasquali. Egli spiega «tutte le Scritture» come un anticipo e insieme uno specchio degli eventi pasquali. Di più ancora, il Risorto afferma che già era descritto come una necessità l'epilogo drammatico della vicenda del Messia. Da ricordare sempre con attenzione: il dovere della Croce va inteso non come costrizione o privazione della libertà nei confronti di Gesù, ma come passaggio perfettamente congruente e coerente con l'estremo d'amore che costituisce l'intenzione salvifica di Dio nei confronti dell'uomo. La Croce è il «fino alla fine» che Gesù intuisce e al quale "non può" sottrarsi se vuole mostrare la pienezza dell'amore del Padre. Il Calvario non è "previsto" dalle Scritture, ma il dare la vita di Gesù che si consegna nel modo più estremo possibile parla la stessa lingua dell'amore del Padre narrato nelle profezie, nella Legge, nei testi sapienziali. Come il sacrificarsi per chi si ama è "nella logica dell'amore", come una necessità, perfino un dovere, così la Croce è nella logica della dedizione di Dio agli uomini. La catechesi del Risorto è, letteralmente, uno schiudere la ricchezza delle Scritture agli occhi dei discepoli. Il messaggio è chiaro: la Scrittura si comprende solo accogliendo la presenza ispirante del
Risorto o altrimenti resta oscura.

 

Il gesto del pane (28-31)

I richiami eucaristici sono così evidenti e chiari che risulta ridondante sottolinearli. Notevole è invece constatare la ripetizione del suo essere «con loro», frutto dell'iniziativa del Risorto, ma ora anche del desiderio e dell'intenzione dei due discepoli. Emerge fortissimamente sullo sfondo l'esperienza della comunità dei cristiani di seconda generazione che facevano esperienza della presenza effettiva del Risorto all'interno dei gesti eucaristici. È come se Luca stesse dicendo ai suoi lettori che realmente l'incontro con il Risorto avviene anche per i discepoli di seconda mano e che lo stare con Lui è esperienza effettivamente vissuta. Nel gesto della frazione del pane - termine tecnico in Luca per indicare l'Eucaristia - vengono riassunti il Gesù terreno, il Gesù Risorto, il Gesù presente nella comunità cristiana. In quel gesto c'è una modalità riconoscibile della presenza del Signore: la dedizione senza condizioni che appare sulla Croce, che è sigillata dalla Resurrezione e prosegue nella Chiesa. Il «segno della dedizione» - la vera cifra sintetica dell'opera del Cristo - apre loro gli occhi ed è il solo capace di farlo davvero. Il Cristo e il Suo Vangelo o si comprendono sotto questa luce o restano inaccessibili. Lo sparire di Gesù non è uno smettere di vederLo ma un cominciare a vederLo con lo sguardo della fede. In questo modo Egli è sempre con loro e con noi, e aprirsi al mistero dell'amore incondizionato di Dio riconoscibile nelle Scritture e nel Segno del pane è accogliere il mistero della Sua perenne presenza risorta.

 

La nascita della fede pasquale (32-35)

È così vero che il Risorto resta presente che riconoscono immediatamente il fuoco interiore come segno della Sua vicinanza. Ora Lo vedono effettivamente, ora sanno, ora comprendono. E non possono che ammettere il fuoco interiore come effetto del Suo essere con loro. Il ritorno a Gerusalemme in tutta scioltezza e la condivisione con i discepoli sono la semplice e logica conclusione del cammino dalla sfiducia alla fede pasquale.

 

Preghiera conclusiva

Vieni sulle strade che percorriamo, e avvicìnati a noi,
visita delusioni e amarezze.
Scandaglia pensieri che rendono pesanti
i cuori e rabbuiano cieli.

Abbiamo abbandonato compagni
con cui avevamo coltivato speranze
e condiviso personali sogni;
gli occhi bassi non riescono a scorgere cieli,
poiché si è spento ormai il Sole.
Ci sembri fuori dalle nostre storie,
ma poi tu, pellegrino, incendi i cuori,
illumini scenari e risvegli speranze.
Ti vogliamo con noi, e solo quando prendi- benedici- spezzi- doni
scoppia la gioia incontenibile che ci abbraccia e ci riempie.
Non riusciamo a tenerla per noi.
Non contiamo più i chilometri e i tempi per percorrerli,
e il buio che incombe
quando i nostri piedi bramano
di danzare e le gole cantare
con chi condividiamo la vita
che è rinata di noi e ci abita.

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