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RESTA CON NOI
La nostalgia di una locanda

Quando «quello straniero fece come per proseguire lasciandoli lì…» era nata in loro la nostalgia.
Quella sana! Cristo aveva intercettato in loro
questa mancanza. Cristo risveglia nel cuore
dell’uomo esattamente il dolore di questa mancanza per spingerlo ad andare al fondo delle
questioni.
La nostalgia non è malinconia. La nostalgia è la
felicità in forma di mancanza.
L’ acqua in forma di sete. Il pane in forma di
fame.
La nostalgia è il vuoto lasciato da una pienezza,
o per lo meno lo spazio vuoto che attende una
pienezza.
La nostalgia è attesa di pienezza dentro di noi.
«Egli entrò per rimanere con loro».
L’infinito del verbo amare è restare, è esserci nonostante tutto! Amare è restare
sotto la croce di chi ami, bevendo fino in fondo l’amaro calice dell’impotenza. Il
dolore più grande è non poter fare nulla davanti alla sofferenza di chi ami. Ma l’amore vero è restare lì nonostante l’impotenza. L’amore è Maria e Giovanni sotto la
croce. L’amore è Cristo che muore comunque pur potendo evitarlo.
Si ama quando si resta anche nelle situazioni in cui non conviene più restare.
Cristo sceglie posti apparentemente fuori i recinti del sacro per dire a ciascuno di noi
che non è possibile chiudere Dio in un recinto. Che Egli è Dio proprio quando opera
fuori dai confini. Che Egli è il Dio e non l’addomesticata divinità pagana manovrabile
con preghiere e incensi.
Il Sacro che Cristo è venuto a mettere in crisi è quel Sacro che vuole rassicurarci che
Dio è solo lì. Dio è anche li, ma non può essere solo lì. Ogni frammento di storia,
ogni angolo di spazio potenzialmente è un luogo dove Cristo può manifestarsi. E
solo occhi allenati alla bellezza possono riconoscere la Bellezza ovunque essa sia.
Solo chi è immerso nella bellezza del Sacro, nella profonda bellezza della liturgia
può permettersi di riconoscere Cristo che spezza il pane nella locanda di Emmaus.
La Chiesa è locanda, non abitazione definitiva. Quella per noi cristiani è il cielo. Noi
che siamo delusi perchè nelle nostre comunità non troviamo santi ma uomini, dimenticandoci che i santi sono uomini innanzitutto, con i loro pregi e i loro difetti, con
l’unica differenza che essi hanno fatto l'esperienza della misericordia di Dio. Questo,
forse, manca alla Chiesa, non un manipolo di persone che non sbagliano mai, ma
l’esperienza sincera di persone raggiunte dalla misericordia. È la misericordia che fa
la Chiesa e non la nostra coerenza, per quanto essa comunque conti in termini umani
di credibilità e testimonianza.
Finché avremo in mente una Chiesa fatta di “perfetti” rimarremo costantemente
delusi dalla Chiesa, perché in realtà siamo costantemente delusi da noi stessi. Noi
che non riusciamo a colmare la distanza che c’è tra quello che siamo e quello che
pensiamo o vorremmo essere.
La Chiesa è fatta di uomini, e gli uomini sono anche le loro cadute, le loro fragilità,
le loro incoerenze, ma sono raggiunti dalla misericordia di Dio. E l'esperienza della
misericordia non è la cancellazione della nostra umanità ma l’intima certezza che per
quanto possiamo cadere noi siamo fatti per stare in piedi. Che per quanto possiamo
sbagliare noi siamo fatti per cose giuste.
Per questo la Chiesa non è mai semplicemente uno spazio, è innanzitutto qualcuno.
La Chiesa è il popolo di Dio. Questa locanda incastonata nel bel mezzo della storia è
spazio fatto di persone. È gesto prima ancora che contenuto. E’ volto prima ancora
che parola. E’ esserci prima ancora che dare. E’ corpo!
Ma questa locanda è innanzitutto quel luogo in cui l'Eucarestia accade alla sua tavola.
Non basta essere insieme per dire di essere Chiesa. Non basta il culto delle sagre a
renderci comunità. Non basta sederci l'uno accanto all’altro per dire anche di aver
incontrato Cristo.
L’esperienza della Chiesa è l'esperienza di quel luogo dove accade l’Eucarestia; dove quello straniero si fa riconoscere proprio «nello spezzare il pane». Senza Eucarestia la locanda diventa solo intrattenimento.
La Chiesa è fare incontrare la nostalgia dell’uomo con il fuoco del Vangelo. È lì che
nasce l'Eucarestia: tra il nostro «Resta con noi» e «Lui che si ferma sul serio».